lunedì 19 novembre 2007

Meditazione senza saggezza?

Può esistere una meditazione che miri alla liberazione ma che sia priva dell’aspetto conoscitivo?

Per qualcuno sembra che la meditazione possa essere solo una specie di limbo più o meno piacevole. Sempre per qualcuno l’impegno conoscitivo rispetto al reale andrebbe evitato. Soprattutto non sarebbe necessario né auspicabile mettersi in crisi, esplorare a fondo quelli che sono i propri bagagli culturali...non sarebbe necessario per esempio vedere come i propri bagagli culturali siano in realtà una congerie informe di contenuti che vanno dalla scientificità alla superstizione, il tutto mescolato in proporzioni variabili, e come , quindi, non vi sia prova certa o dimostrata dei contenuti che proponiamo. In sostanza si vuole salvare capra e cavoli. Datemi un bel rilassamento che non mi faccia pensare (non a caso molte persone, parlando, ci dicono: “ Tu, che sei esperto di rilassamento....” ) .

Invece noi pensiamo che meditare debba servire soprattutto come un modo per migliorare il vivere ( e sicuramente qualche manciata di minuti di rilassamento non basta-subito dopo i problemi si ripresentano) e per darci una prospettiva sulla realtà ultima, una prospettiva che non abbia a che fare con i concetti. Quest’ultima frase può sembrare contraddittoria con il fatto che siamo qui ad usare una logica concettuale stringente ma certamente noi, come tutti, dobbiamo fare uso del linguaggio per comunicare. Però non abbiamo nessun concetto da propagandare o da difendere- non chiediamo a nessuno di credere in qualcosa, offriamo solo un metodo di lavoro. Non chiediamo di credere in un Dio, in un Gesù, in un profeta, in un guru, in un Buddha; non accendiamo incenso e non alziamo altari né Gonzohon; non chiediamo di aderire a Cristianesimo, Islam o Buddhismo. Volutamente non abbiamo nemmeno un Centro di Meditazione vero e proprio, “professionale” per intenderci ma solo un ritrovo casalingo. Non proponiamo paradisi o inferni. Proponiamo una pratica scarna che porta a cercare la trascendenza non in altri mondi, paradisi o dimensioni, ma una trascendenza nelle cose, la trascendenza delle cose come sono. A chi pratica chiediamo solo di realizzare in sé un’esperienza di osservazione interiore, di cercare di vedere ciò che c’è davvero, non quindi dei contenuti ma il brulicare incessante del dualismo contenutistico e chiediamo di separare con la maggior chiarezza possibile l’esperienza dai concetti: questa è l’esperienza di un dato fisico (contatto, rumori, vista) , questi sono i concetti conseguenti ai dati sensoriali; questo è il corpo, questa è la coscienza e, nello stesso tempo, questo è il complesso corpo-coscienza.

Cominciando a vedere così, cominciamo forse a renderci conto delle volte in cui la concettualizzazione entra in campo e trasforma (inquina) l’esperienza. Ecco che le cose non sono più “come sono” ma “come le vediamo”- in genere come le vogliamo vedere o come siamo condizionati a vederle. Cominciamo forse a vedere il momento in cui i concetti sorgono. Potremo forse cominciare a chiederci come sorgono i concetti – buffo come la conoscenza si alimenti con nuova conoscenza; è come quando comprai il primo computer. Timoroso com’ero posi subito dei limiti: “ questo computer mi servirà solo come macchina da scrivere” – ma subito dopo i primi impauriti tentativi, man mano le nuove conoscenze spingevano verso nuove conoscenze.

Poiché i concetti hanno generalmente a che fare con giudizi di valore (positivo o negativo, bello o brutto, spirituale o materiale e così via) possiamo probabilmente dedurre che questo schema di valori sorga dalle nostre predisposizioni vicine, lontane e più che lontane. Se queste predisposizioni (che hanno origine dalla sensazione, piacevole o spiacevole) ci portano a concetti dualistici (buono, cattivo ecc.) e sono in noi così radicate e inquinanti, com’è possibile che esse non entrino in ciascuna delle nostre idee, credenze, fedi, visioni del mondo?

E’ questo che rende ciechi tutti gli “aderenti” a qualcosa. Aderiscono, si afferrano a qualcosa. Questo qualcosa è qualcosa che a loro piace (sensazione gradevole) , qualcosa che dà quindi loro consolazione, che permette anche, in una certa misura, di vivere meglio. Come tali queste predisposizioni non hanno sempre un valore negativo. Vanno però colte nel loro aspetto relativo: “ Io, X tal dei tali, abitante in Y, con la posizione sociale Z, vedo le cose così e così” . Questo per far capire che la “verità” espressa da questa persona X sarà relativa, determinata dalla sua condizione sociale, dalla sua cultura, persino dalla sua posizione geografica. Sempre per chiarire: Berlusconi vede una realtà diversa da quella di Follini e ancor più diversa da quella di Prodi o Fassino. Buffo: partecipano tutti della stessa situazione geo-socio-culturale eppure ognuno la vede con occhi diversi. E sono tutti sinceri! E lo stesso ci accade nella vita di ogni giorno. Una persona in salute, con un buon lavoro, vedrà le cose in maniera molto più “bella” di chi sia angosciato dalla mancanza di salute e/o di lavoro. Ecco come si spiegano le varie visioni del mondo, incluse quelle politiche e religiose. Ecco che qualcuno, in una determinata posizione, potrà pensare: “ Il mondo è meraviglioso, Dio ci vuole davvero bene e ci fa provare sensazioni splendide” mentre qualcun altro, un pastore eritreo alla fame per la siccità incalzante, con i propri animali pelle e ossa e i propri cari morenti di fame e malattia, potrà pensare che questo mondo è un inferno, magari raccomandandosi allo stesso Dio, in questo caso stranamente indifferente.

Perciò tutto è relativo e in relazione alle predisposizioni ed alle condizioni esistenziali di chi dà il giudizio. La stessa verità è relativa, nonostante tutta la polemica attuale contro il relativismo, portata avanti dal nostro buon conterraneo, senatore Pera. L’’unica verità assoluta sembra essre la mancanza di una verità assoluta o, detto meglio, che proprio la relatività dei vari tipi di verità è la verità. Ma anche questo è solo un concetto e va accettato nella sua relatività (vedo già che questo scatenerà la voglia di discussione di molti lettori) .

Ci sono persone che praticano la meditazione da anni e che nonostante ciò sono portatori di contenuti vari, accettandoli acriticamente o quasi senza neanche rendersene conto, essendosi accostati alla pratica con la tazza già piena e senza la voglia di svuotarla per cui continuano ad asserire qualcosa. Tutti asseriamo qualcosa nella vita quotidiana però il problema è se siamo consci della sua relatività o se dentro di noi la consideriamo una verità assoluta. Se siamo su questo piano non potremo mai metterci in discussione, la nostra tazza sarà sempre piena di contenuti ed avrà poco a che fare con il silenzio della mente. Anche questo comunque è un giudizio e come tale relativo.
Le sedute comuni di Meditazione si svolgono ogni sabato pomeriggio, dalle 15, 30 alle 16,30 circa, a S. Andrea di Compito (Lucca) - Via della Torre 9.
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CHIUNQUE E’ BENVENUTO
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