giovedì 3 settembre 2009

INUTILITA’ DELLA MEDITAZIONE





Nel mio studio del Cinese classico, il primo testo in cui mi imbattei anni fa fu il classico chiamato Mengzi. Mengzi visse, come filosofo confuciano, fra il 300 e il 400 avanti Cristo. I Confuciani si proponevano costantemente e a volte, come lo stesso Confucio, velleitariamente e inutilmente come consiglieri dei sovrani dell’epoca, perciò egli si recò presso il re dello Stato di Wei, soprannominato Liang dal nome della sua capitale. Così l’opera di Mengzi ha un inizio assolutamente eclatante.







Mengzi ebbe un’udienza con il re Hui di Liang. Il re disse:

‘Venerabile signore, non avete considerato 1000 li (circa 400 km)

una distanza eccessiva, perciò dovete avere un modo di portare profitto al mio Stato’ .

Mengzi rispose: ‘Perché Vostra Maestà deve parlare di profitto?

Ci siano semplicermente benevolenza e giustizia!’



Da subito, perciò, si scontrarono due concezioni. Una pragmatica e utilitarista, quella del re di Liang, e una moraleggiante, quella di Mengzi.

Questo sembra il dilemma che si presenta a chi medita. ‘Che guadagno mi porta questo impegno?’ . La risposta si trova nel pragmatismo / utilitarismo o in una sorta di atteggiamento moralizzante? La questione fu posto anche al Buddha da un re dell’epoca, Ajatasatru e il Buddha gli rispose con un discorso, il Samannaphala sutta, dove appunto egli spiegava al re, che come il suo quasi coetaneo re di Liang, cercava di capire quali erano i profitti della meditazione, quali vantaggi vengano dalla pratica.

Tutti conoscono i vantaggi della meditazione: una visione più realistica e tranquilla del mondo, un maggior rilassamento ecc.. Ma ecco che dopo un po’ ci si chiede: ‘Ma il gioco vale la candela?’

Ragioniamo su questo. Prendiamo in parallelo la visione cristiana della preghiera, perlomeno quella che è comune alla massa dei praticanti. E’ indubbio che la preghiera sia più gratificante della meditazione. Ci dà l’idea di un incontro con Dio e ci permette di avere un occhio di riguardo verso il proprio sé. Ci sentiamo arricchiti ogni volta che preghiamo, ci sentiamo avvolti piacevolmente dall’amore di un Dio personale verso di noi. Un Dio Padre e un padre, si sa, ci vuole certamente bene, ha un occhio di riguardo per i suoi figli. Se perciò vogliamo stare bene, io effettivamente suggerisco la preghiera.

Peccato che anche questa non sia immune da pecche. Una persona che ragioni, anche minimamente, non potrà ad es. fare a meno di chiedersi come mai questo abbraccio ‘paterno’ non ci scampi dalla sofferenza. Normalmente si trovano vari tipi di escamotage , resta il fatto che né la preghiera né altre pratiche religiose ci possono sottrarre a sogfferenza, malattia, morte e, ancor peggio, a sofferenza, malattia, morte dei nostri cari, a volte con punizioni terribili come la morte di un figlio unico. Mi venne da ridere quando una mia collega un po’ bigotta andò a Pietralcina e tornò che si era ammalata. Può venire perciò il dubbio che anche le sensazioni che si sperimentano nella preghiera siano solo auto-inganni della mente. Naturalmente la mente stessa può trovare mille scappatoie per non mettere in discussione quello in cui vogliamo credere. E’ ciò che accade anche in politica.

Ma torniamo alla meditazione, poiché questa è ciò che pratico.

Nel tempo mi sono dovuto confrontare, molto tempo dopo qualche avvenimento particolare, con un’evidente assenza di risultati. Ho continuato a meditare con più fatica finché non mi sono reso conto che potevo meditare su questa assenza di risultato. Quando questo è successo la prima volta è cambiato qualcosa! Non voglio dare interpretazioni perché cerco di non cadere più in queste trappole mentali, però l’assenza di risultato è davvero l’altra faccia della collina. Essere contento per l’assenza di risultato è il massimo che posso ‘ottenere’ dalla mia meditazione. Se infatti vedo, come vedo, che ogni fenomeno, fisico o mentale, è privo di una sostanza propria, che cosa potrei mai ottenere? E non è proprio questa mancanza di sostanza intrinseca, questa assenza di risultati, il VUOTO insomma o VACUITA’, quello che cercavo di ottenere? Sta’ a vedere, riflettevo, che il vuoto, la vacuità, dovrebbe avere un contenuto! E’ incredibile come la mente umana si sforzi di afferrare sempre qualcosa anche quando, come suggeriscono le parole ‘vuoto’ e ‘vacuità’, non c’è niente da afferrare. L’ego tenta sempre di trovare vie al proprio ‘arricchimento’ anche quando sa che queste dovrebbero portare al suo ‘impoverimento’!

La visione meditativa del Buddha aveva scoperto la ruota del ‘sorgere in dipendenza’ : il mondo, le situazioni, le stesse ideologie religiose, sorgono tutte dalla ‘sensazione piacevole’ . Volendo provare o riprovare questa sensazione che DESIDERIAMO, produciamo AFFERRAMENTO e quindi IL VENIRE IN ESSERE di fatti, situazioni, vite stesse. Perché questo si chiama ‘sorgere in dipendenza’? Perché questo NASCERE ( a cui seguiranno poi la sofferenza del decadere e del perire) sorge dipendendo da

IGNORANZA, COSCIENZA, APPARATI PSICOFISICI, CONTATTO, SENSAZIONE, AFFERRAMENTO ecc. Tutto questo ha a che fare con il profitto o guadagno personale di cui si parlava all’inizio. Chi ha a cuore il proprio sé vuole COSTRUIRE qualcosa (mi viene in mente, non casualmente, che a Lucca c’è un gruppo chiamato, altrettanto non casualmente, ‘I Ricostruttori’ ) . Ci sarebbe, insomma, qualcosa di valido, di sostanziale, da costruire e di cui appropriarsi, con cui arricchirsi. Ma questo ha molto a che fare, evidentemente, con i desideri del proprio ego! E che purezza ci potrà mai essere in qualcosa che ha a che fare con il desiderare quando il desiderare stesso è la radice dell’ego? Non sarà che proprio l’ottenere niente sia il MASSIMO RISULTATO (sic! ) di una pratica spirituale? Il massimo del disinteresse, insomma?!

E’ facile praticare così, allora? Niente affatto. Proprio perché consapevoli della natura desiderante dell’ego ci rendiamo conto di come sia difficile meditare su questo, specialmente per noi laici. Pure è questo che dobbiamo fare perché possa avvenire la realizzazione di quello stato di semplicità assoluta che è l’accettazione delle COSE COME SONO!

Lo scoraggiamento e il desiderio di ottenere sono perciò sempre all’ordine del giorno, qualcosa che dobbiamo osservare sorgere costantemente in noi! Questa è CONSAPEVOLEZZA! Il vedere come il sé, l’ego, tenda a riaffacciarsi continuamente alla ricerca desiderante di cose, risultati, arricchimenti, sensazioni piacevoli. Travestite, spesso, come ricerca spirituale. Il diavolo nascosto nell’acqua santa, insomma!

Le sedute comuni di Meditazione si svolgono ogni sabato pomeriggio, dalle 15, 30 alle 16,30 circa, a S. Andrea di Compito (Lucca) - Via della Torre 9.
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CHIUNQUE E’ BENVENUTO
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