sabato 20 dicembre 2014

Io sono razzista

Io sono razzista.

Me ne accorgo con chiarezza quando incontro un ‘diverso’, un nero, uno zingaro, un musulmano particolarmente identificabile (soprattutto le donne con le loro mascherature). Benché lo sospettassi, me ne sono reso conto con pienezza l’altro giorno quando, dalle mie parti, passando vicino a una casa-famiglia, ho visto uno stuolo di giovani neri che in bicicletta si recavano verso Lucca. Un urto emotivo, accompagnato da un pensiero: ‘Le avranno rubate [le biciclette]?”.

Bene, mi sono visto per quello che sono, un razzista. La cosa né mi sorprende, né mi sgomenta. Lo sono anche i miei cani, quando vedono un venditore nero abbaiano come lupi (ultimamente assai meno: forse anche loro ci hanno fatto l’abitudine). Il fatto è, comunque, che grazie alla pratica meditativa, alla consapevolezza accumulata in tutti questi anni, IO ME NE ACCORGO. ME NE ACCORGO E NON LO MASCHERO A ME STESSO. Ho invece parecchi amici che, o lo mascherano, oppure dicono: “Io non sono razzista, ma questi  vengono e il governo gli dà le case… ecc.”. Il problema per me è che non dovremmo mascherare il nostro razzismo, ma ACCORGERCENE. Accorgercene lasciando andare tutte le giustificazioni sociali e politiche. Accorgercene, semplicemente. Purtroppo, questo livello di consapevolezza non è normalmente alla portata immediata di tutti. Se ce ne accorgiamo, possiamo chiederci se essere razzisti ci piace. Oddio, già il nome è brutto, come tutti gli incasellamenti.

Se ci pensiamo bene creiamo gli incasellamenti sempre per paura dell’altro, per circoscrivere l’altro: razzista, comunista, fascista, buonista, opportunista, maschilista, femminista, buddhista… tutti gli –ista o –isti che ci possono venire in mente. Ci servono a imprigionare l’altro nella gabbia di una definizione: tu sei il tale –ista e per me resterai sempre quello. Eh, sì, caro mio, puoi fare gli sforzi che vuoi ma non ne uscirai più. Poi c’è il passa-parola: ‘ quello è un –ista’ , con il senso implicito: ‘diffidiamone a priori’ e, soprattutto, non facciamolo uscire da questa gabbia. Il buffo è che queste gabbie definitorie le creiamo anche per noi stessi.

Ricordo bene quando, verso il 1989, cominciai a dichiararmi ‘buddhista’ (ancora un –ista) , la fatica mentale che feci poiché sapevo che tutti mi classificavano come ‘uno di sinistra’, anzi di estrema sinistra . Che poi questo sistema di ingabbiamento è tipico degli schedari polizieschi. Più o meno in quello stesso periodo mi fermò la polizia a un posto di blocco e, fatti i controlli via radio, un poliziotto mi disse: “ Lei è ricercato per estorsione”. “Eh?!”. Controllarono meglio e si accorsero che sullo schedario c’era scritto ‘est.’, ‘estremista’. Questo per dire il danno delle identificazioni. E notiamo questa tendenza all’auto-ingabbiamento che abbiamo: ho due amici apparentemente opposti ma in realtà uguali che dichiarano orgogliosamente: “Io sono fascista!” dice uno, “Io sono stalinista” dice l’altro. Entrambi si ascrivono una realtà immutabile che non esiste in natura. Per entrambi vedo, nel loro carattere, una diversità caratteriale rispetto alla ‘terribilità’ di cui vorrebbero fregiarsi (roba da borgatari: qualcuno ricorda ‘Er Terribbile’ di Romanzo Criminale ? ) . In realtà sono, normalmente [non sempre] , due persone buone che per comodità o per autodifesa rispetto al mondo, non hanno il CORAGGIO, quello sì, davvero difficile da trovare, di abbandonare ogni auto definizione e di dichiararsi semplicemente ‘uomo’ . [Sia chiaro, non sto qui entrando nel merito delle ideologie politiche, ma solo dell’aspetto umano] . Non hanno il coraggio di abbandonare gli schemi concettuali (che ci fanno tanto comodo, permettendo di identificarci) e di essere LIBERI.

Da anni ho iniziato il mio percorso verso la Libertà. Benché abbia ancora, a livello della vita di tutti i giorni, qualche tipo di identificazione, a un livello superiore mi sento più libero. In questi ultimi tempi ho poi accentuato la meditazione di benevolenza, Metta o Maitri, che io preferisco definire APERTURA, apertura e ACCOGLIENZA verso l’altro. Ciò non mi impedisce di essere in disaccordo con altri su qualcosa e di discuterne, credo però di non sentire che minime tracce di avversione in questo. Ricordo, al proposito, di aver letto, anni fa,  sul Visuddhimagga (Il Sentiero verso la Liberazione ) che l’avversione è l’ultimo degli ostacoli, nelle sue tracce più sottili, da eliminare prima della liberazione. Questo mi consola molto. E la pratica di APERTURA porta a liberare la mente, ad abbattere gli ostacoli che ci separano dagli altri, a considerare l’altro come essere umano, a identificarci, questa volta positivamente, con lui.

Avete mai pensato, guardando un nero, un emigrato, uno zingaro: “Quello potrei essere io”? Essere nati qui è stato, in un certo senso, un caso. Ma quel ragazzo là potrei essere io, quella donna mia madre. In genere tutti preferiscono rimanere nel proprio EGOCENTRISMO. Io sono quello che conta e gli altri vadano a…
APERTURA. Quando si medita con Metta o apertura / accoglienza, c’è una scaletta di identificazione e di condivisione con l’altro, dalla persona più cara a quella con cui non vorremmo avere niente da spartire. E’ forse difficile all’inizio ma poi si arriva davvero a quella liberazione della mente dove sorge l’EQUANIMITA’, dove tutti sono sullo stesso piano,  il senza-barriere che porta apertura e felicità. Sì, davvero : felicità, piacevolezza. Ci si libera. E stamani, passando davanti alla casa-famiglia, mi è sorto questo pensiero: “Che bello che lo Stato e il comune abbiano trovato queste sistemazioni. Che gioia per questi nostri fratelli” .

Ancora su METTA (benevolenza, empatia, apertura)

Il mio amico Stefano Poletti ha pubblicato una lettera in cui fa qualche accenno su Metta (che a me piace tradurre come empatia e apertura - apertura verso gli altri). Concordo su molte cose che scrive però vorrei fare qualche precisazione su Metta. Metta non viene praticata per cambiare gli altri o influire sul mondo. Non è questo il suo scopo. Lo scopo è quello della liberazione della mente, lo scopo è quello di abolire, dentro noi stessi, le barriere fra noi e gli altri e di arrivare con questo anche all'altro 'infinito', quello dell'equanimità.

Sì, perché quando si giunge ad abbattere le barriere con gli altri, quando si arriva a porre tutti gli esseri sullo stesso piano, quando poi (almeno come pratico io) tutti gli esseri si dissolvono e resta irradiazione pura, senza nemmeno più un centro rappresentato da noi stessi, si giunge alla meditazione senza alcuna rappresentazione, quell'infinito 'senza segno' (animitta) che è, nel Buddhismo classico, una delle tre porte alla liberazione (le altre due essendo la vacuità e la non-direzione). Quando tutte le barriere sono abbattute si ha l'equanimità, che è forse la componente più importante della liberazione.

Il Buddha elencò quattro stati, definiti come le 'residenze infinite' e questi sono precisamente metta / apertura, karuna / com-passione, mudita / gioia altruistica e upekkha / equanimità. Quest'ultima è il coronamento e il superamento delle altre tre, e, guarda caso, è anche, sia pure in un 'formato' leggermente diverso, la componente più importante del quarto Jhana o Dhyana che è il punto dove il Buddha raggiunse la liberazione. Queste quattro residenze infinite, essendo anche chiamate Brahma-vihara, residenze di Brahma o residenze divine, hanno poi subito, nel corso del tempo, nel Buddhismo classico, una sorta di svalutazione rispetto, ad esempio, all'insight o Vipassana ma Richard Gombrich e altri hanno recentemente dimostrato come il Buddha usasse il termine Brahma nel contesto di conversazioni con i brahmini, che appunto credevano in questa divinità, in un senso che Gombrich definisce ironico.

Il Buddha usava spesso la terminologia di altri con un detournement, cioè portando gradualmente l'ascoltatore all'accettazione di un altro significato superiore. In questo caso, raggiungere Brahma, indicava il raggiungere non Dio, ma il Nirvana, la liberazione. Non essendo teista, il Buddha non era certo interessato a raggiungere un Brahma qualsiasi, che però faceva parte del contesto induista. Partendo dal background mentale dell'ascoltatore, Il Buddha indicava le 4 'residenze infinite' come una via per raggiungere Brahma, che però era qualcos'altro, la liberazione. E siccome la liberazione è per forza una liberazione della mente, una liberazione che trascende tutti i segni (animitta), basata com'è sulla equanimità, quale via migliore di quella di spazzare ogni preferenza o avversione e di giungere a una irradiazione infinita e senza oggetto o rappresentazione?

La pratica di metta e upekkha è accessibile a tutti e va verso la liberazione, la libertà. Rendendoci accettanti e aperti poi essa ha anche influenza sugli altri e quindi partecipa a trasformare il mondo intorno a noi ma solo come una ricaduta indiretta che purtuttavia avviene (e io potrei citare molti casi). Nulla a che fare dunque con il 'pensiero positivo' o simili americanate commerciali. Qui si tratta di enunciazioni nemmeno mie, ma del Buddha storico. Per una mente libera.

26 maggio 2014

IL PENSIERO OSSESSIVO

“Qualunque sia il limite del Nirvana
Quello è il limite dell’esistenza ciclica (samsara ) .
Non c’è nemmeno la più piccola differenza fra loro
E nemmeno la cosa più sottile”
(Nagarjuna, Mulamadhyamakakarika 25) 
‘La pacificazione di ogni oggettivizzazione e la pacificazione dell’illusione. 
Nessun Dharma fu insegnato dal Buddha, in nessun tempo, in nessun luogo, ad alcuna persona’
(Nagarjuna, Mulamadhyamakakarika 25)


Lo scopo principale della pratica meditativa è la ‘liberazione della mente’, cetovimutti. Il nostro è un mondo di mente, tutto è mente, a livelli più o meno sviluppati. Perciò è ovvio che solo la liberazione della mente può portare alla vera libertà. La chiamano anche liberazione. C’è una tendenza a scrivere questo termine con la maiuscola. In realtà liberazione vuol dire semplicemente essere liberi.
Si può essere liberi senza una consapevolezza di ciò da cui occorre liberarsi? No di certo. Ecco perché nella meditazione che porta alla libertà la consapevolezza è così importante. Il Buddha individuò nelle ossessioni o corruzioni ciò che ci opprime. Le ossessioni possono essere di due tipi: piacevoli o spiacevoli. In genere ci adagiamo nelle prime ma la mente malata si ingolfa facilmente nelle seconde. Inoltre, il confine fra i due tipi di ossessione non è così netto. L’ossessione piacevole, ad es. l’innamoramento, si trasforma facilmente in ossessione spiacevole come ognuno di noi ha probabilmente sperimentato. E’quindi imperativo, per quella che gli psicologi chiamano ‘salute mentale’, cominciare a rendersi conto delle nostre ossessioni. Consapevolezza, appunto. Ma si può essere consapevoli davvero senza una pratica continua? Ecco perché praticare la meditazione di consapevolezza è così importante. Liberarsi dalle ossessioni. Le più potenti sono il sesso, la religione e la politica. Vi sono poi forme di interesse o divertimento che in certe persone diventano ossessive: il calcio, la ricerca degli extraterrestri, le teorie cospirazioniste e infinite altre. Un divertimento può essere un aspetto gradevole della vita ma può divenire ben presto un’ossessione pericolosa: il confine è incerto fra le due cose.
La persona ossessionata si crea un universo proprio dove tutto ruota intorno alla sua ossessione e il suo modo di pensare diventa impermeabile a qualsiasi critica. Non è soggetta cioè a quello che Karl Popper ha definito il concetto di falsificabilità , un termine di difficile comprensione e che serve a distinguere teorie con un carattere scientifico [nel senso di un procedimento scientifico del pensare] da teorie che non sono tali. La falsificabilità o fallibilismo consiste nel metodo di formulare congetture e sottoporle a confutazioni , anche in base a osservazioni empiriche, con la rinuncia ad ogni pretesa di certezza nel campo della scienza. In sostanza, rispetto a qualsiasi teoria o visione: c’è almeno qualcosa che può metterla in crisi? E il ricercatore, si fa carico di metterla in crisi? Questo, si badi bene, non è per affermare che una teoria è giusta: è giusta finché non viene dimostrata sbagliata. Ma è un metodo di pensare, una metodologia.
La persona ossessionata è, come dicevo, impermeabile ad ogni confutazione. Indipendentemente dal campo in cui opera la sua ossessione o teoria, la persona ossessionata è fondamentalmente UN CREDENTE. Si riconosce facilmente perché tende a parlare quasi esclusivamente di quello che è diventato il suo ‘centro di gravità permanente’ (eh, sì, caro Battiato, non è davvero una cosa positiva) o a difenderlo con le unghie e coi denti, a sentirsi offeso dalle eventuali messe in dubbio. Io ho molti amici che (purtroppo) sono così. Il mio più caro amico ad es. è sempre stato ossessionato da qualcosa, addirittura la sua mente produce rumore quando pensa. Sì, fa proprio così, è sonora: ‘mmmhmhh!’ . Altri sono ossessionati dalla politica o dalla religione. Una volta ad esempio io ero ossessionato dal Buddhismo, parlavo sempre di quello. Poi ho capito che l’essenza del Buddhismo è quella di non essere ossessionati. Ora, in effetti, ne parlo assai poco e con un certo ritegno. Altri miei conoscenti sono ancora ossessionati, chi dalla Madonna, chi da Stalin, chi dal Duce e così via. Ce n’è uno ossessionato da Evita Peron, addirittura.
I loro universi sono chiusi e limitati. Non parliamo poi di chi è ossessionato dal sesso.
Prendiamo ad es. la politica, per cui anch’io ho avuto, in passato, un interesse ossessivo. Oggi, pur continuando ad interessarmene, sono, ritengo, abbastanza libero dai pregiudizi che albergano in una posizione politica. La mia impostazione originaria è di sinistra ma la mia pratica meditativa (la vipassana o visione profonda) mi ha spinto sempre più a prendere le distanze dalla povertà di posizioni dogmatiche. Sono anche qui un relativista. E quindi vi voglio scandalizzare.
Pur se la classificazione di ‘cose di sinistra’ è abbastanza ambigua, vediamo ad es. quello che ha fatto, fa o cerca di fare Renzi – che poi riesca o meno è un’altra faccenda: 80 euro in più ai lavoratori, tassazione delle rendite bancarie al 26%, riduzione drastica degli stipendi dei manager, riduzione del carico fiscale alle imprese… non sono cose di sinistra? [E io dico sempre che per fare cose di sinistra ci vuole uno di destra- in questo caso di centro; quelli di sinistra hanno troppa paura di passare da comunisti!]. Bene, se queste cose le avesse fatte Bersani o un Ferrero, queste sarebbero state cose di sinistra, eccome. Siccome le fa un Renzi, allora sono qualcos’altro- ma cosa? [A scanso di equivoci: non sono un renziano, non sono niente: cerco solo di vedere le cose senza pregiudizi]. Bene questo è solo uno degli esempi di come una mente ossessionata applica le etichette in base alle sue ossessioni. Spesso, quasi sempre, la persona ossessionata è rigida, ogni sua affermazione crea conflitto e discussione. Occorre liberarsi.
Mi sento sempre più a disagio con le persone rigide, mi dispiace vedere tante persone amiche in questa condizione di rigidità. Però anche questo può essere un pericolo: se ci si attacca alla non rigidità, anche questa può diventare una forma di rigidità. Grazie al cielo c’è la salvaguardia della consapevolezza.

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CENTRO DI MEDITAZIONE SAMATHA-VIPASSANA, S. Andrea di Compito - Lucca. OGNI SABATO ORE 15,30. Tel.0583977051; e-mail: asiaticus@teletu.it
Sito WEB: EMPTINESS / VACUITA’, MADHYAMIKA MEDITATION : http://emptiness-vacuita.blogspot.com/
Le sedute comuni di Meditazione si svolgono ogni sabato pomeriggio, dalle 15, 30 alle 16,30 circa, a S. Andrea di Compito (Lucca) - Via della Torre 9.
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