sabato 18 marzo 2017



CORRIDOIO MORTALE
Come tutti, siamo sottoposti alla morte. C’è una pratica meditativa che comincia proprio con l’asserzione che siamo fatti di una sostanza deperibile e non siamo esenti dalla morte. Questo serve a ricordarci che la vita è breve, un soffio : ma di questo ci rendiamo conto solo col passare degli anni, perché da giovani ci sentiamo immortali. Immortali: non è così.
Scrivo questo testo proprio perché il morire (non la Morte che non esiste come entità) ci accompagna e cominciamo a sentirne il soffio quando le persone a noi vicine muoiono. Proprio una circostanza del genere mi ha portato a queste riflessioni.
Ho visto morire varie persone, fra cui i miei amati genitori e la mia cara zia, ma questo è accaduto forse nel modo migliore possibile, di vecchiaia, lentamente, sì, ma senza un preavviso. Semplicemente la loro vita si era esaurita. Invece, adesso, a una mia amica (da oltre quaranta anni) è stato diagnosticato un tumore ed io assisto, con lei, ad un percorso che sembra apparire ineluttabile e che mi porta in quello che percepisco come qualcosa di nuovo, un corridoio stretto e che esclude altre cose. E questo inserisce, nel mio vivere, una percezione diversa, metafisica, che mi fa vedere la vita in un modo non facilmente spiegabile, qualcosa che ha a che fare con il senso vero della vita stessa. Mi fa venire in mente un episodio della vita del Buddha: ad una monaca che aveva difficoltà nel conseguire il Nirvana, egli diede come soggetto di meditazione, sul momento, l’osservazione di acqua versata sulla sabbia: osservandone il risucchio verso il basso e la scomparsa, la donna ebbe improvvisamente il risveglio: aveva capito la vita!
Ecco, io sto assistendo a qualcosa di simile, al veder scomparire la vita di una persona, un suo lento risucchio nelle sabbie mobili del tempo. E mi rendo conto che questo risucchio nelle sabbie mobili del tempo accompagna anche la mia vita e la vita di tutti. Scompariremo. Ci sarà qualcosa di là da questa soglia? Ho smesso da tempo di preoccuparmene. Sono solo concettualizzazioni. Essere illuminati è vivere senza queste concettualizzazioni e CETOVIMUTTI, LIBERAZIONE DELLA MENTE, vuol dire appunto avere la mente libera, liberata da queste speculazioni metafisiche. Chiunque vuole CREDERE in paradiso, nirvana o altro come dimensioni separate, vuole appunto credere! Vuole consolazione. Ma il nirvana è appunto la fine delle concettualizzazioni! Come dice questa mia amica, assolutamente laica, quando si nasce siamo già condannati a morte. L’importante è non vivere questo con rabbia (questo lo dico io) ma con l’osservazione spassionata di essere come fiori: la mattina si sboccia e la sera siamo già appassiti.
Il corridoio mortale (una concettualizzazione, di questo sono consapevole) porta a mettere in evidenza la futilità di tante cose. Prendiamo un’attività che mi è stata sempre cara, quella del Kungfu e del Taiji. Di fronte allo scorrere delle sabbie mobili del tempo è semplicemente futile. E’ quello che non percepiscono i ragazzi giovani. Vedo anche, percepisco, il sorrisetto di compatimento (Loriano sta tirando i remi in barca) di alcuni miei allievi più anziani, ma sempre molto giovani, che possono essere istruttori ma NON SONO ANCORA MAESTRI. Un Maestro è qualcosa di più di un istruttore, ha qualcosa di più da dare. Ma non sempre c’è chi è pronto a ricevere.
Ho sempre pensato che Kungfu e Taiji non fossero la cosa più importante della vita. Uno dei miei soliti paradossi è: mi dedico completamente a loro senza dedicarmi completamente a loro. E’ come quando dico che in una tecnica il braccio va esteso completamente senza estenderlo completamente. Perciò, consapevole del corridoio di cui sopra, dico che l’illuminazione è semplicemente VIVERE. E nel vivere è fare le cose bene. E godere delle cose che facciamo, della PIENEZZA con cui le facciamo. E io continuo a farle con pienezza e gioia ma senza assolutizzarle. E questo è illuminazione.


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