lunedì 19 giugno 2006

Malanni concettuali

Oltre a diversi gatti più o meno randagi (a parte Prilla, la gatta di casa) convivo con due cagne, Lea e Tea, che prese singolarmente sono buonissime ma che messe insieme formano branco (e mi hanno provocato non pochi guai, specialmente in passato). Vi sono inoltre altri due cani randagi, Fido e Bluto, che vengono quasi regolarmente a mangiare. Bluto, un cane basso e un po’ tozzo, caccia sistematicamente Fido, così devo dar loro da mangiare il più contemporaneamente e il più distanziato possibile. Lea e Tea accettano volentieri Fido ma abbaiano al ‘prepotente’ Bluto anche se non sempre. Un’altra mia convivente (abita a pochi metri da me) è mia zia che proprio ieri mi ha detto: “ Hai dato da mangiare anche a quello lì (Bluto)? Non lo vedi che Lea e Tea lo vorrebbero mandar via e gli abbaiano?” al che io ho risposto: “ Quando si fa del bene non si deve distinguere fra amico e nemico” (bravo, eh?) .



In effetti cerco di attenermi a questa regola di non-distinzione concettuale, cerco insomma di evitare di cadere nei soliti dualismi del buono-cattivo, bello-brutto ecc. e quando vedo che non mi riesce – nella varietà delle situazioni non sempre ci riesce di essere così irenici - cerco di esserne consapevole. Il dualismo crea sofferenza, dividendo il mondo in buoni e cattivi, belli e brutti e crea quindi attaccamento da una parte e avversione dall’altra. Con ciò è ovvio che vivendo nel mondo ho affetti e quindi effettuo “distinzioni”. Lessi qualche anno fa che anche nei primi livelli di illuminazione esistono ancora distinzioni. Io sicuramente ne ho. Sono consapevole della loro ineluttabilità e le accetto. Però, ripeto, cerco di esserne consapevole.

Prilla è scomparsa. Da più di un mese non la vedo e comincio a pensare che sia morta, immagino caduta nelle grinfie di qualche predatore (la volpe forse). Anni fa assistetti di notte a un quasi-duello tra una volpe e un gatto. Stavano lì uno di fronte all’altro, il gatto consapevole che se si fosse messo a fuggire sarebbe diventato cibo a rapida assimilazione. Intervenni e ruppi il fronteggiamento . Non so come sia andata a finire. Feci bene (per il gatto)? Feci male (per la volpe)? So che ci sono cause e condizioni in me per cui non riesco ancora ad accettare la spietata legge di natura per cui un animale debole verrà straziato e divorato da un altro più forte. Però ho una forte  consapevolezza critica di questo dilemma. E’ giusto privilegiare un essere a scapito di un altro? La volpe non ha lo stesso diritto di Prilla di vivere? E Prilla, che è sempre stata una cacciatrice, non ha sempre passato intere giornate nei campi a fare, suppongo, stragi? Perciò, sia pure con una punta di rammarico, accetto che Prilla sia caduta vittima del gioco di cui faceva parte.

Ci si chiede sempre di parteggiare. Si vede nel gioco della politica. Ci si accapiglia intorno al fatto se i combattenti iracheni in Iraq possano essere definiti soltanto ‘terroristi’ oppure ‘resistenti’ o ‘partigiani’. Poiché loro sono a casa propria e noi siamo in paese straniero con blindati ecc., la risposta mi sembra ovvia al di là delle intenzioni di qualcuno. C’è un proverbio popolare che dice: “E’ ladro chi ruba e chi gli tiene il sacco”, poi magari quello che faceva “il palo” dirà: “ No, io ero lì, non facevo niente”.... Lo dicono anche i bambini a scuola!

A chi teniamo il sacco noi? La risposta ognuno se la trovi. Ma l’interessante di questa ‘guerra concettuale ’ è che se un domani questi ‘terroristi’ prendessero il potere, si porrebbe subito o quasi la necessità di instaurare relazioni con loro ( hanno il petrolio! ) . Ecco che i terroristi di ieri diverrebbero ‘il governo iracheno' e ambascerie e industriali vi si recherebbero in massa. Quindi in nome di questa falsa logica dualistica oggi siamo nemici e domani saremmo amici. Uhm!

I malanni dualistici dovuti alla concettualità e alla mancanza di visione reale affliggono anche la Chiesa. Si dice che una delle principali caratteristiche della religione cristiana sia l’amore per gli altri ma eccoci al paradosso che la Chiesa discrimina e pretende di emarginare le parti più deboli della società con un’operazione ideologica che è sicuramente, direi, priva di amore e compassione. E questo perché? Perché questo va contro i suoi concetti! Mi riferisco al problema delle ‘coppie di fatto’. Si infligge sofferenza a persone che di fatto vivono insieme e che vorrebbero vivere in una situazione di regolarità civile (siano esse coppie eterosessuali o omosessuali) negando che la loro realtà esista come realtà in qualche maniera di sofferenza.

Prendiamo l’omosessualità. Esiste e già questo ci deve fare riflettere. Poiché essa non deriva dal peccato ma, come sappiamo, da una tendenza naturale per alcuni insopprimibile, ecco che negando i diritti degli omosessuali la Chiesa stessa non accetta quella che chiama la creazione di Dio. Infatti tutto quello che esiste (e soprattutto direi ciò che è nella natura) se esiste non può essere in contraddizione con il presunto disegno divino. Non c’entra nulla il libero arbitrio. Per molte persone l’omosessualità è una tendenza assoluta e innegabile. Perciò o Dio si è sbagliato creandole (!) oppure la Chiesa, agendo in nome dei presunti ordini divini, entra in una contraddizione pazzesca, criticando l’esistente naturale.



Questa stessa discriminazione viene portata avanti dalla Chiesa contro gli animali. La chiesa si dichiara un difensore strenuo della vita... ma a compartimenti stagni. Ignorando San Francesco che qualcosa di più ci capiva, dichiara difendibile la vita umana e basta... d’altra parte negli anni recenti il Papa Giovanni Paolo ha accettato la teoria di Darwin come in non contrasto con la teoria cristiana. Una giusta evoluzione (sic) dopo aver combattuto per anni l’evoluzione (e l’infallibilità dogmatica?). Peccato che il discorso dell’evoluzione ci dichiari anche noi animali, evoluti sì ma animali, quindi riconoscendo indirettamente agli altri animali il titolo di ‘fratelli minori' .

Uccidereste voi un fratello minore semplicemente perché non è al nostro grado di intelligenza? Perché è un po’ ritardato? Verrà un giorno (lontano, temo) in cui verrà fatta un’ulteriore ammenda per queste colpe, come già in passato è stata fatta per la schiavitù dei neri (animali irragionevoli) o per gli ebrei... E’ tutto un rincorrere, un affannoso cercare di adeguarsi alla realtà che si trasforma. Si parla di valori assoluti e poi si scopre che tutto è relativo. Si fanno allora equilibrismi ideologici per giustificare quello che era fino a ieri ingiustificabile.

Non ci dovrebbe ciò portare a riflettere un po’ di più e a capire che occorre liberare la mente da tutte le cianfrusaglie concettuali che vi sono accumulate? (Mi devo ricordare che devo accettare la realtà così com’è e che se le persone sono come sono è perché vi sono cause e condizioni. La liberazione della mente non è né vicina né desiderabile perché è meglio vivere nella superstizione e nei dogmatismi che come un Buddha libero dai concetti; il cosìddetto (inesistente) ‘peccato originale’ non è forse stato identificato con il desiderio di conoscenza? A proposito: Se il ‘peccato originale’ non è mai avvenuto (e non è mai avvenuto) non crolla tutto il castello di carte della dogmatica? Da cosa ci sarebbe venuto a salvare Gesù? E’ tutto assai contraddittorio, direi. Ma per fortuna è stata inventata la magica frasetta ‘mistero della fede’ ).

Vivere, accettare, accettarsi...

Mi telefona un'amica. E', come spesso, scontenta, insoddisfatta della vita. Questa vita è uno schifo ecc., si sente un profondo senso di insoddisfazione in quello che dice. La invito a vedere le cose in maniera più tranquilla ma sono colpito dal pessimismo che esprime.

<<Ma tu>>, mi chiede, <<che ti aspetti dalla vita?>>

Resto un attimo in silenzio.

<<Veramente non mi aspetto nulla>>.

<<Ma questo non ti crea sofferenza?>>

<<No, anzi!>>.

<<Ma vivere così…>>

<<E proprio perché non mi aspetto nulla che sto bene. Certo, a volte soffro anch'io ma riesco, credo, a vedere gli aspetti di fondo. Ci pensavo proprio stamattina: ero in macchina e ad un tratto, ripensando alla gentilezza di mio padre verso di me, ai piccoli doni che ci faceva trovare la mattina sul letto, al fatto che anche quando ormai era fuori di sé si ricordava di comprare al bar un gelato per mamma, tutta questa sua grande, semplice gentilezza mi ha fatto sentire immensamente la sua mancanza… mi sono commosso, mi commuovo ancora se ricordo… è sorta sofferenza ma poi ho saputo riconoscere che si trattava di un ricordo e, senza volerlo escludere o reprimere, aver visto che si trattava di un fenomeno mentale, averlo visto, mi ha rasserenato.>>

Le ho detto perché non provava a venire a fare meditazione di consapevolezza.<<In fondo non l'hai mai provata. Non che ti debba aspettare miracoli; ma anche semplicemente stare ad osservarti un po' nel silenzio, a vedere quello che compare dentro di te, potrebbe forse aiutarti. Il problema è che le persone non vogliono vedersi, non vogliono cambiare, stanno cos bene come sono, anche quando soffrono, sono così affezionate a tutto il proprio modo di essere… In realtà vogliono soffrire. E' una forma di godimento masochistico ma anche una forma di comodità.>>

<<Forse vero. Ma come funziona?>>

<<In un certo senso come fare psicoanalisi; con la differenza che nella psicoanalisi ti si chiede di rintracciare nel passato le cause del tuo star male; nella meditazione si chiede invece di vedere attentamente quello che c'è nel presente. Vedere e basta, accettare quello che c'è, senza giudicarlo. Ma quando vedi cominci a cambiare; lentamente ma cambi, un processo lento e di cui quasi non ti accorgi. Del resto ti accorgi anche che tutto è una serie di processi in cambiamento; tu sei una serie di processi in una serie di processi- in cambiamento.>>

<<Ma perchè secondo te si sta male?>>

<<Si sta male perchè diamo troppa importanza a noi stessi, prendendoci come qualcosa di stabile, di sostanziale, non appunto come qualcosa di instabile, insostanziale dentro processi instabili e senza sostanza. Mi vien da ridere quando la gente dice: Questa è la mia personalità, come dire: non posso proprio cambiarla. In realtà questa personalità si formata sotto l'influsso di diecimila condizionamenti, non c'è nulla di veramente nostro. Abbiamo messo così tanto tempo a formare questa immagine, a costruire questo piccolo guscio fortificato contro il mondo che poi ci dispiace assai lasciarla…Difendersi è proprio ciò che crea attrito con il mondo.>>

<<Ma che vedi nella meditazione?>>

<<Intanto cominci a distinguere chiaramente i fenomeni fisici da quelli mentali. Ti accorgi ad es. che spesso è più la sofferenza che costruiamo in una situazione pensando al futuro- quindi fabbricando quello che non c'è ed oscurando quello che realmente c'è- di quella sofferenza che realmente esiste.>>

<<E' proprio il mio problema. Quante volte mi accorgo di allargare le situazioni col pensiero!>>

<<Quindi imparare a vedere: questo è fisico, questo è mentale. Questo è reale, questo è una costruzione della mente, una fantasia. Allora possiamo cominciare a vedere le cose come sono realmente e cominciare ad accettarle. E ad accettarci. Noi siamo così come siamo, in questo momento siamo proprio così, non potevamo essere diversamente.>>

<<Invidio la maniera che hai di prendere la vita.>>

<<Penso che la vita vada presa come fa un fiore: la mattina spunta, la sera è scomparso. Vogliamo disperatamente trovare un senso in tutto ciò. Allora costruiamo diecimila teorie, religioni, filosofie. Ma il fiore non chiede nulla, non costruisce. Sicuramente prova anch'esso sofferenza fisica. Ma non ha la sofferenza mentale. Nella meditazione funziona così. Si vedono i processi e li stacchiamo dalle opinioni. Può essere terribile per il nostro ego pensare che non c'è scopo; o può essere fonte di accettazione, di fluire tranquilli con le cose. Il mondo scorre, la vita scorre, indifferente a te, a me, a tutti. Se siamo molto attaccati alle nostre costruzioni mentali- la personalità è una costruzione__ questa indifferenza della vita (che ci teniamo accuratamente nascosta, coprendola di sensi, costruendo ad esempio la religione che, come dicono giustamente i preti davvero è un nostro bisogno, il bisogno di non vedere), questa impersonalit della vita pu essere veramente spaventosa. Ma se impariamo piano piano a riconoscere le costruzioni mentali come costruzioni, se impariamo a lasciare andare, ad accettare che le cose siano così, si può vivere felicemente. Ti posso sintetizzare lo scopo della meditazione in tre parole: vivere, accettare, accettarsi.>>
Le sedute comuni di Meditazione si svolgono ogni sabato pomeriggio, dalle 15, 30 alle 16,30 circa, a S. Andrea di Compito (Lucca) - Via della Torre 9.
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CHIUNQUE E’ BENVENUTO
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