lunedì 30 marzo 2009

Riflessioni su bene, male, libertà.


“Prendo rifugio nella vacuità di tutti i fenomeni e di tutti i concetti …”



Credo che si possa essere liberi all'interno di questa realtà convenzionale. Che significa? Significa che i nostri livelli di realtà e di osservazione della realtà sono come gli strati di una cipolla. Più siamo in superficie e più lo strato è leggero, più scendiamo verso il centro e più troviamo il duro. Allora, se noi stiamo sopra, abbiamo una visione della cosa com'è, se noi stiamo dentro ne abbiamo un'altra, più sostanziale.


Quindi la realtà è sempre la stessa (la cipolla) ma essa cambia a seconda di dove l'osserviamo. Dentro, vicino al centro di essa, siamo prigionieri di una realtà dura; sopra, sulla superficie, siamo liberi, liberi dalle strutture della cipolla stessa.


Che cos'è il Nirvana, la libertà ultima, se non l'accettazione completa della cipolla così com'è? E' pur vero che anche osservandola così com'è, la sua visione cambia a seconda del punto di vista.


Lasciamo perdere questo paragone, comunque, che è un po' fuorviante. Il fatto è: vogliamo essere liberi e perché? O vogliamo essere coinvolti?


In sé questa alternativa appare dualistica. Sappiamo che il dualismo non va bene, che dobbiamo andare verso l'unità. Ma non significa, questo, negare la realtà delle cose come sono? La realtà non è forse dualistica? Occorre quindi accettare questo. Ma ecco che se l'accettiamo noi ci troviamo in una posizione unitaria, di osservazione accettante e quindi unificante del dualismo. Questa è una posizione (oserei dire giusta se questo non rimandasse subito al suo opposto, ‘sbagliata'). Diciamo che E' LA POSIZIONE! Ed è la posizione del silenzio, perché una volta che si accetti tutto, non c'è nulla di cui discutere, c'è solo il silenzio come possibile. Ecco, forse, perché si dice che in tanti anni di insegnamento il Buddha non disse ‘nulla'. Non disse nulla perché non c'è nulla da dire sulla realtà ultima e convenzionale, che poi sono la stessa cosa.


Prendiamo l'annoso problema del bene e del male. Le religioni teistiche sono tutte basate su questo dualismo. Questo le definisce subito come religioni della realtà convenzionale. Bene e male non possono esistere come assoluti. Perché l'uno di questi concetti sorga c'è bisogno della presenza implicita dell'altro. Dio, insomma, ha bisogno di Satana e Satana ha bisogno di Dio. Se esistesse una sola di queste due realtà semplicemente il mondo non esisterebbe. E' come il caso di due innamorati che litigano. Non ha senso litigare con se stesso, si ha bisogno dell'ALTRO per farlo. Perciò bisogna arrivare alla conclusione che bene e male hanno la stessa valenza, sono entrambi necessari. Quindi l'affermazione che noi siamo qui perché Dio ci vuole bene, perché egli è il nostro padre, è insensata. Dio non può essere, per definizione stessa di assoluto, né solo orientato verso il bene né solo orientato verso il male. Dio sarebbe entrambi gli aspetti. Fine delle religioni personalistiche, quelle in cui Dio è nostro padre, che ci vuole bene e insomma tutte queste assurdità. "Padre, perché mi hai abbandonato?". E' semplice: non poteva fare diversamente, non esiste la scelta nel concetto di assoluto, c'è indifferenza ai cosiddetti ‘bene' e ‘male'. Si può parlare di bene e di male solo all'interno di questo mondo, non in senso ultramondano. E se ne parliamo, dobbiamo dedurre che il dio o gli dei di cui parliamo sono dei minori, mondani. Parafrasando un celebre film, siamo davvero ‘figli di un dio minore'.


Essere liberi è perciò questa posizione unitaria, unificante, di accettazione totale. E' quando noi siamo sullo strato più esterno della cipolla. Ebbene, a momenti possiamo essere lì, a momenti dobbiamo stare al centro (della realtà convenzionale). A momenti siamo liberi, accettanti, non discriminanti e a momenti dobbiamo reagire, a discriminare, accettare di essere schiavi del mondo. Ecco perché fare meditazione è importante. Si tratta di raggiungere lo strato esterno della cipolla senza perdere il contatto con il cuore della cipolla: poiché l'uno non esiste senza l'altro. E' solo con l'ACCETTARE, ACCETTARE, ACCETTARE che possiamo essere unificanti di entrambi, essere perciò silenziosi e non discriminanti verso tutti gli aspetti. In questo modo realtà convenzionale e realtà ultima coincidono, sono la stessa cosa. I concetti di bene e male li accettiamo, però solo come concetti relativi, non assoluti. E' proprio il vedere la loro uguaglianza o parità (samata, da non confondere con samatha ) che può essre l'oggetto della nostra pratica meditativa e l'artefice del nostro silenzio e della nostra libertà. Lo dico chiaramente: si può sperimentare davvero la Libertà meditando su questa uguaglianza e insostanzialità di bene e male.



Se bene e male sono interdipendenti, essi non esistono come realtà assoluta. Questo del resto si può vedere da quello che oggi è considerato il più infamante dei reati, la pedofilia. Leggevo l'Anabasi
di Senofonte in questi giorni e l'autore vi parla senza scandalo della passione per i giovinetti che avevano diversi valorosi dell'armata greca. Se si è letto il Satyricon di Petronio Arbitro si vedrà come esso ruoti tutto intorno alla contesa per un fanciullo (Gitone, mi sembra di ricordare). D'altra parte Senofonte considera come normale l'attaccare villaggi di contadini, il massacrarne gli abitanti o il venderli come schiavi! Questo per dire di come i cosiddetti ‘valori' siano relativi. Si parla tanto di difesa della vita ma quelli che più se ne rempiono la bocca bruciavano vive le donne guaritrici, gli indigeni dell'america latina o Giordano Bruno! Giulio Cesare è ammirato da tutti ma non ci si ricorda che egli non permise ai civili della città di Alesia di lasciare la città e li lasciò morire tutti di fame nella terra di nessuno: Plutarco asserisce che egli si vantava di avere ucciso un milione (!) di Galli.

Pure non saremmo quello che siamo se non ci fossero stati questi crimini!


Questo non è detto per giustificare niente, sia chiaro! E' solo per far capire come viviamo in realtà concettuali dove quello che è giusto in un tempo è sbagliato in un altro. I Cristiani moderni sono molto relativisti e si scandalizzano del fondamentalismo libresco degli Islamici. Gli Islamici si scandalizzano del relativismo dei Cristiani!


Viviamo, dunque, immersi in mappe concettuali che hanno fatto, fanno e faranno tanto male! C'è da stupirsi allora se si sostiene che sono proprio queste mappe concettuali che vanno abbandonate, che occorre fare la pulizia della mente molto più di quella delle stanze di casa! Il mondo così com'è, con i suoi crimini e le sue bontà, è quello che va accettato; la vacuità / assenza di sostanza reale di concetti come bene e male è quello che occorre meditare. Niente di sostanziale divide il mondo convenzionale dal Nirvana.


giovedì 12 marzo 2009

Alcuni testi molto antichi...2: il misticismo del Paramatthaka Sutta


"Prendo rifugio nella vacuità di tutti i fenomeni e di tutti i concetti ..."
Atthakavagga, IV.5



  • 796. Quando, risiedendo nei propri punti di vista, [pensando] ‘E' il punto più alto', una persona lo considera come il più elevato nel mondo, egli dice che tutti gli altri [punti di vista] sono inferiori a questo. Perciò egli non ha superato le dispute.

  • 797. Qualunque vantaggio egli veda per se stesso in ciò che è visto e udito, in condotta virtuosa e voti, o in ciò che è pensato, afferrandosi a quella stessa cosa là, egli vede tutto il resto come inferiore.

  • 798. Quello stesso [punto di vista] gli esperti chiamano un laccio, dipendendo dal quale egli vede il resto come inferiore. Perciò un bhikkhu [ = un asceta mendicante] non dovrebbe dipendere da [alcuna cosa] vista, udita o pensata o da virtuosa condotta e voti.

  • 799. Né egli dovrebbe formarsi un punto di vista nel mondo a causa di conoscenza o virtuosa condotta e voti. Egli non dovrebbe rappresentare se stesso come uguale, né dovrebbe pensare a se stesso come inferiore, né come superiore.

  • 800. Abbandonando ciò che è stato adottato, e non adottandolo [di nuovo] , egli non dovrebbe dipendere neppure dalla conoscenza. Egli realmente non segue alcuna fazione fra quelli che tengono differenti punti di vista. Egli non ricade per niente in alcun punto di vista.

  • 801. Se qualcuno non ha fatto alcun proposito rispetto ad entrambe le fini qui, rispetto a differenti esistenze qui o nel prossimo mondo, egli non ha afferramenti [a punti di vista] afferrati fra le[varie] dottrine dopo averli presi in considerazione.

  • 802. Da lui nemmeno la minima nozione (saññā ) è stata formata qui rispetto a ciò che è visto, udito o pensato. Come potrebbe qualcuno qui, nel mondo, avere dubbi su quel brahmana che non adotta alcun punto di vista?

  • 803. Essi non formano [punti di vista] , essi non hanno preferenze. Né essi aderiscono a dottrine. Un brahmana non deve essere intuito tramite condotta virtuosa o voti. Andato all'altra sponda, questi non ricade indietro [su niente] .


Ecco, questo è uno dei Sutta o sutra più mistici, a mio parere, del Sutta Nipata. Personalmente se solo dovessi avere un breviario, userei questo breve testo e pochi altri. Ne farò un breve commentario.


‘Quando, risiedendo nei propri punti di vista...". Ecco l'inizio, l'incipit, come si dice. Già questo ci dà l'idea di cosa parlerà il sutra. Risiedendo nei propri punti di vista.... Normalmente, nel Canone buddhista, vengono attaccati i vari punti di vista in nome del ‘retto punto di vista'. Ma, come dice Gomez, nell'Atthkavagga (e anche nel Parayana, l'ultima sezione del Swutta Nipata), ‘al contrario dell'abituale insistenza sul 'retto punto di vista', l'Atthakavagga parla di abbandonare i punti di vista'. In questo è stata vista una prefigurazione delle Stanze del Cammino di Mezzo di Nagarjuna; o meglio, invertendo i fattori: Nagarjuna, contro la scolastica del suo tempo, riscoprì il messaggio originale buddhista. E' chiaro che questo è misticismo. Non a caso il titolo è Paramatthaka, cioè ‘Il Superiore, il Punto più alto'. La fine, l'abbandono dei punti di vista libera la mente. E' come una stanza piena di cianfrusaglie, ci sembrano utili (il mio studio ne è un esempio). Una volta gettate via, cosa resta? "Ahh!" la sensazione di vuoto, di spaziosità, di libertà! Ecco perché non sarà mai libero chi si attacca ferocemente a un qualsiasi punto di vista (ma, riprendendo ancora dalla metodologia di Nagarjuna: non bisogna attaccarsi nemmeno a questo!- sic ! ). Ma come facciamo? Sappiamo bene che noi comuni mortali, non monaci, abbiamo la mente per pensare e che a volte la necessità decisionale ci impone di avere punti di vista. Per esempio nel mio lavoro mi si richiede di dare anche giudizi. E lo stesso può accadere se abbiamo un minimo di impegno sociale [e quindi politico: il sociale è sempre politico].


Si tratta allora di ponderare, di giudicare, di agire anche, senza però considerare come valido in assoluto quello che pensiamo, giudichiamo, facciamo. Questo ci offre quel minimo di apertura verso il mondo che poi la pratica meditativa continuata ci permetterà di allargare. Vi saranno, per questo, medicine coadiuvanti: le quattro Residenze Infinite ad es., cioè la gentilezza amorevole, la compassione, la gioia altruistica e l'equanimità.


‘Quando, risiedendo nei propri punti di vista, [pensando] ‘E' il punto più alto', una persona lo considera come il più elevato nel mondo, egli dice che tutti gli altri [punti di vista] sono inferiori a questo. Perciò egli non ha superato le dispute.'


L'attaccamento al proprio punto di vista è la base della litigiosità e dei contrasti nel mondo. Ecco perché chiunque sia attaccato a una religione particolare, ivi compresa quella buddhista in alcune sue accezioni, o a una ideologia politica particolare, non potrà fare passi avanti sulla via della Liberazione. Semplicemente perché non lo vuole, perché vuole continuare a trastullarsi con i suoi giocattoli, perché questi lo identificano, gli danno quell'identità di cui sente tanto il bisogno. Il che, si badi bene, non vuol dire non occuparsi ad es. di politica: anche questo sarebbe fare politica. No, si tratta solo di vedere le ideologie come falsa coscienza, come feticci. [continua].


Le sedute comuni di Meditazione si svolgono ogni sabato pomeriggio, dalle 15, 30 alle 16,30 circa, a S. Andrea di Compito (Lucca) - Via della Torre 9.
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CHIUNQUE E’ BENVENUTO
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