Vado a camminare con una mia amica, la mattina, e talvolta abbiamo delle conversazioni, come capita. Stamattina ne abbiamo avuta una sul fato,sul destino. Dice lei:” Il Fato, per me c’è il Fato a governare le nostre vite, è quello che fa succedere le cose, che mette in unione le persone e così via”. Sono rimasto un attimo in silenzio. Conviene sempre prendersi una piccola pausa quando si entra in una discussione. Ci serve a guardarci, a vedere le nostre reazioni di fronte all’argomento, di fronte all’emotività che è sempre connessa con le discussioni. Occorre fare, insomma, quello che io chiamo “un passo indietro”e vedere come sta reagendo, di fronte alla situazione X l’entità Y (in questo caso io stesso). Questo serve anche per entrare in una conversazione senza aggressività, senza quell’irruenza che viene spontaneamente quando il nostro ego si sente coinvolto e quindi tende a difendere qualcosa, qualche opinione. In questa pausa che mi prendo mi faccio anche la domanda: “ Sto per difendere qualcosa? Sono attaccato a qualche punto di vista?”
“Tu pensi che esista il fato?”
“Sì, penso che esista, lo vedo nelle cose che succedono, c’è qualcosa che regola la nostra vita.”
“Ma come fai a dirlo? Non c’è nessuna prova di questo.”
“Come non c’è nessuna prova? Eppure io lo verifico nelle cose: a uno succede di essere ricco, bello, fortunato in tutto e ad un altro succede che è uno sgorbio, povero e disgraziato. Non è il fato questo? Sono nata qui ma potevo essere nata nel Terzo Mondo…”.
Rifletto. Potrei dirle: “ Mah, io credo piuttosto nel karma…” ma non mi piace molto usare queste terminologie, anche se a volte lo faccio trattandosi di un concetto conosciuto. Inoltre si tratta anche qui di una concettualizzazione. Scelgo quindi un’altra strada.
“ Mi sembra che si tratti piuttosto di una tua interpretazione dei fatti. I fatti sono, poi noi ci mettiamo la nostra interpretazione”.
“Ma allora secondo te non c’è niente? Che cos’è allora la vita?”
“La vita è il vivere, e basta. Questo è il dato di fatto. Il resto sono nostre interpretazioni.”
Non sto a raccontare tutta la discussione anche perché non me la ricordo (anche il dialogo qui sopra è solo una ricostruzione approssimativa). Voglio però prenderne spunto per un discorso sull’importanza di non avere opinioni, di non avere nulla da difendere.
In ciò seguo la via aperta dal Buddha e da Naagaarjuna.
Prendiamo l’idea di karma. Karma significa semplicemente “azione” ed, in senso lato, l’idea di causalità per cui tutto ciò che avviene ha cause e condizioni per avvenire. In sé anzi questo concetto esprime l’idea di vacuità dei fenomeni, la mancanza di una sostanza stabile in essi (tipo anima, Dio o che altro). Detto con una formula: X avviene in dipendenza dalla causa Y e dalle condizioni Z. Per esempio: tu sei un bravo dottore, mettiamo un dottore di successo perché hai studiato sodo (causa principale) con l’aiuto delle condizioni seguenti: avevi i soldi per andare all’università, avevi degli ottimi professori, sei stato sostenuto da amici e familiari e così via. Questa è la causalità, quello che governa il mondo. E’ chiaro che la scomparsa di alcune delle condizioni secondarie o della causa principale (l’aver studiato sodo) indeboliranno o faranno addirittura scomparire il fatto di essere un buon dottore. Questa è la vacuità. Le condizioni sono purtroppo prive di sostanza stabile (potevano esistere come no, dipendendo a loro volta da altre condizioni) e quindi tu sei un buon dottore sulla base di condizioni effimere, vuote; addirittura può darsi che, mancando alcune condizioni del passato (per es. un professore che ti abbia inculcato nella mente la necessità di un continuo aggiornamento) da domani tu non sia più considerato un buon dottore.
Questa è la causalità (o karma o co-produzione dipendente). Si può intuire come questa causalità non contenga cose, ma fenomeni di pendenti da altri fenomeni dipendenti da altri fenomeni. E’ vuota di sostanza stabile (altrimenti niente succederebbe nel mondo). Quindi la Vacuità, l’assenza di sostanza, la dinamicità è la base perché il mondo sia come è. Dinamico, in evoluzione.
Il problema nasce quando noi ci attacchiamo a questo concetto. E’ vero che si tratta di un concetto empirico, facilmente verificabile. Non è verificabile invece che esista un Fato, che esista Dio. Uno può “sentire” dentro di sé che queste entità esistono :ma è probabile che ciò venga da un desiderio di sicurezza dell’ego, allo stesso modo come l’esistenza di una sostanza chiamata anima. Invece la causalità è verificabile. Sappiamo empiricamente che il mondo funziona così.
Però se ci attacchiamo a questo concetto possiamo stravolgerlo, inconsciamente farlo divenire “sostanza” a sua volta, quindi accettarlo formalmente (come assenza di sostanzialità) ma negarlo nei fatti. Questa mia amica ha fatto proprio questo stamattina, ad un certo punto del discorso: “Beh, allora la causalità è il Fato (o Dio )”.
La tentazione è sempre forte: creare un’entità, un’essenza che governa il mondo. Mi accorgo che fa spesso capolino anche nella mia mente. Parlando con quest’amica ad un certo punto ho parlato di “talità”, intendendo con ciò alludere alle cose come sono, fenomeni, senza interpretazione.
Pure anche questo concetto può essere reificato, cioè trasformato in “cosa” (dal latino res “cosa”), in sostanza. Una sostanza nella mente, puramente mentale, ma sempre sostanza.
Ma che pericolo c’è in questo,si dirà.
C’è grande pericolo invece, è in nome di queste sostanze mentali (prendiamo ad es. una religione, una filosofia o altro) che sono state fatte le guerre di religione o di politica, che esiste il fondamentalismo, che esistono i conflitti.
Perciò la via alla Liberazione non può prescindere da una critica a tutto ciò che viene trasformato in sostanza e a cui ci attacchiamo. Ci attacchiamo alle cose, ai concetti e quando pensiamo di “possederle” dobbiamo difenderle. Sotto questi processi c’è sempre la credenza in un sé stabile e la presunzione che il mondo(l’”esterno”) sia qualcosa fuori da noi: soggetto ed oggetto di percezione, un dualismo pernicioso che impedisce di cogliere il fatto che non esistiamo noi e il mondo : noi e il mondo siamo la stessa cosa , fenomeni in un mare di fenomeni.
Come si vede il discorso è complesso.
Ma la sostanza è semplice. Per essere liberi (e con questo intendo sia le libertà più immediate che quella assoluta) occorre essere liberi dalle ossessioni , intendendo con questo nome una vasta gradazione di fenomeni mentali, dal grado minimo al grado massimo. Perciò
Se mi chiedi se la mia pratica è religiosa
Io lo nego
Se mi dici che la mia pratica non è religiosa
Io lo nego
Se mi chiedi se il karma esiste
Io lo nego
Se mi dici che il karma non esiste
Io lo nego
Se mi chiedi se un altro mondo esiste
Io lo nego
Se mi dici che un altro mondo non esiste
Io lo nego
Se mi chiedi se il Nirvana esiste
Io lo nego
Se mi dici che il Nirvana non esiste
Io lo nego
Se mi chiedi se sono Buddhista
Io lo nego
Se dici che non sono Buddhista
Io lo nego
giovedì 19 ottobre 2006
Liberarsi dalle ossessioni
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