Tutto è mente nel nostro universo.
Con ciò non voglio parlare di una mente suprema come fa qualcuno ma accennare al fatto che viviamo in un ‘campo’ mentale. La coscienza è una possibilità che esiste ovunque ve ne siano le condizioni. Poiché nel nostro mondo umano la coscienza ha bisogno di parole per esprimersi (anche quando usa altri linguaggi, ad es. quello corporeo), possiamo e dobbiamo riconoscere alla parola un potere importante. Con parola qui intendo anche il semplice pensiero.
Le parole possono fare bene o possono fare male. Quando siamo incentrati su una visione vasta, ‘spaziale’, della realtà, quando vediamo le forze all’opera in questa spazialità e le consideriamo tutte della stessa importanza, saremo in grado di comprendere la sofferenza e di volgerci verso il bene. Quando siamo incentrati su una visione dualistica della realtà, noi e gli altri per intenderci, saremo portati a privilegiare ‘noi’ sempre e comunque. Volgersi al bene è dunque vedere la sofferenza universale e cercare di cambiare per il meglio.
Usciamo ora da questo discorso generale ed entriamo nello specifico del nostro essere quotidiano. Esiste un ‘sé’ relativo, non assoluto, che vive, invecchia, scompare come tutte le cose in natura. Se questo fosse un ‘sé’ assoluto e indipendente da cause e condizioni, non vi sarebbe alcun cambiamento possibile e tutto sarebbe statico, fermo. Poiché invece questo sé è vuoto di sostanza intrinseca, che sia cioè indipendente da cause e condizioni ma anzi da queste è continuamente trasformato, esiste la via della trasformazione. Non si consideri alla leggera ciò che sto scrivendo: quello che voglio dire è che, poiché noi viviamo in un mondo di ‘mentazione’ (parola sconosciuta al vocabolario, credo) e di parola, abbiamo la possibilità di trasformare noi stessi e il mondo intorno a noi. Di essere più felici insomma.
Com’è possibile questo, sono chiacchiere, si dirà il lettore scettico. Ma proprio l’uso della parola (e della mente che vi sta dietro) può permetterci questo. Insomma la parola può avere un effetto taumaturgico e liberatorio. Non a caso in alcune tradizioni orientali il Buddha viene definito ‘il Grande Taumaturgo’.
La prima condizione per essere felici è l’accettazione delle cose come sono, il non urtarsi contro il corso naturale delle cose. Le parole che ci aiutano in questa accettazione critica e non fideistica sono “VI SONO CAUSE E CONDIZIONI PER QUESTO”. E’ vero, qualunque cosa succeda, vi sono state cause e condizioni per cui sia successa. Questo vale sia per il mondo in generale - dove la credenza nel sé e l’egoismo la fanno da padroni - che per la nostra situazione particolare: se anche, guardandoci dentro, ci facessimo letteralmente schifo, ebbene questa frase ci farebbe accettare il come siamo qui e ora, perché questa è la nostra fotografia attuale. Il processo cognitivo e di saggezza della meditazione è cioè ‘storico’. Noi siamo come la nostra ‘storia’ ci ha formati e nella nostra storia hanno avuto un peso importante le nostre predisposizioni e le condizioni che ci hanno determinato.
Le nostre stesse predisposizioni forse vengono da molto lontano, forse anche da vite precedenti; ad ogni modo anch’esse sono state modificate dalle condizioni storico-ambientali in cui si è vissuti. A questo proposito ricordo che poche sere fa, ad una cena tra amici e parlando di queste cose, la mia ex cognata Annamaria, ha detto, più o meno: “ Ma allora che fine fa l’autodeterminazione dell’individuo?”. Questa domanda è tipica del nostro ambiente influenzato dal Cristianesimo. Annamaria voleva dire: allora noi siamo, secondo la tua visione, completamente determinati dalle condizioni e non esiste libero arbitrio. Una risposta buddhista tipica è la ‘via di mezzo’. Siamo, sì, completamente determinati da altro ma nello stesso tempo esiste anche una possibilità di autodeterminazione, di liberazione. Questa possibilità non esiste nemmeno essa in assoluto, vi sono persone totalmente determinate dalle situazioni che vivono, vi sono persone che in questo momento non sono mature – lo saranno forse in seguito, ma esiste nella misura in cui l’uomo, nel suo essere sociale, sviluppa / ha sviluppato nei millenni una tendenza alla riflessione, alla coscienza della propria situazione e quindi una tendenza alla necessità del cambiamento.
Il potere taumaturgico della frase “Vi sono cause e condizioni per questo” sta nel fatto di riconoscere la storicità sia del mondo che del nostro essere. Con questo viene tolta ogni base di lamentazione: se il nostro essere qui ed ora è così, noi non ci possiamo fare niente se non accettare questa nostra fotografia attuale, perché le cose che viviamo vengono davvero da lontano. E se non ci possiamo fare niente, saremo in pace con le cose come sono. Saremo quindi felici o almeno relativamente felici.
Questo non significa che noi dobbiamo sempre restare come siamo. Proprio il ‘vedere’ come siamo davvero, a meno che non siamo completamente stolti, innesca la necessità del cambiamento. E sicuramente, se abbiamo questo tipo di consapevolezza, cambieremo in meglio. Così questa frase taumaturgica, che personalmente io mi dico dopo un po’ di tempo che ‘mi guardo’ in meditazione, ci permette di ‘accettare’ e di cambiare allo stesso tempo, senza eccessivi sforzi volontaristici e idealistici ma anzi gradualmente e dolcemente.
sabato 19 aprile 2008
Le parole che fanno bene - 1
Etichette:
campo mentale,
CAUSE E CONDIZIONI,
coscienza,
dalla Newsletter "MEDITAZIONE",
egoismo,
Newsletter "MEDITAZIONE",
parola,
sofferenza
______________________________________
CHIUNQUE E’ BENVENUTO
______________________________________
Visit the Kungfu site "Wudang Baguazhang"
http://wudangbaguazhang.altervista.org/