Anni fa due miei compaesani vollero portarmi a conoscere due preti o frati (mi sembra frati) che tenevano la parrocchia di Gattaiola e avemmo una tranquilla discussione che il più autorevole dei due sembrò concludere con l’affermazione di “essere innamorato di Gesù”, affermazione ad effetto che ho sentito fare anche da altre persone. Una visione così ‘forte’ e passionale della propria pratica religiosa c’è stata di recente sul Forum del nostro sito Web da parte di ‘Siria’, una persona che sembra aver iniziato una sua personale crociata per ‘salvare anime’. Si legga la sua lettera ‘ Credere senza vedere’ e le risposte che le sono state date. Benché l’affermazione di quel frate mi colpisse allora in senso negativo, a oggi non mi stupisco più di tanto poiché capisco che la passionalità gioca un ruolo importante in questo mondo e si infiltra, sotto forma di ‘afferramento’, in molte pratiche di tipo religioso. Si vuole dare un senso alla propria pratica piuttosto che no, riempirla di contenuti e di ‘amore’ piuttosto che no, arricchire la propria vita.
Ovviamente si sa che quello che facciamo noi ‘meditatori’ è invece scarno, povero e volto piuttosto ad eliminare gli arricchimenti e i contenuti invece che no e che questo deriva dalla tradizione e metodologia buddhiste che parlano di impersonalità e di assenza di sostanza reale nel mondo, sostituite da una dipendenza generalizzata e instabile di tutte le cose rispetto a tutte le cose. Però non si tratta qui di rimarcare le differenze che pure vi sono e notevolissime, quanto di vedere come, non nella dottrina ufficiale della Chiesa cattolica o protestante, ma nelle sue frange periferiche di mistici e contemplativi vi siano concordanze con le pratiche buddhiste più avanzate. E questo può essere un servizio per tutti poiché c’è tanta ignoranza (nel senso di non-conoscenza) di quello che è il percorso dei mistici cristiani, sempre visti con sospetto dalla Chiesa ufficiale. Mi baso principalmente (ma non solo) su tre libri scritti da cristiani:
Hugo Enomiya Lassalle: Meditazione Zen e preghiera cristiana , Edizioni Paoline, 1989 (non so se ne esista una edizione più moderna) ;
Marco Vannini: Storia della Mistica Occidentale , Oscar Storia Mondadori (1999 / 2005 );
La Via del Distacco, un’antologia di testi eckhartiani, Piccoli Saggi, Oscar Mondadori, 1995 (sempre a cura di Vannini).
Cominceremo dal mistico cristiano più famoso, Maestro Eckhart.
MEISTER ECKHART
Cito largamente da Vannini (p. 188 e sgg.) . Il caso di Eckhart , vissuto fra il 1260 e il 1328, è davvero emblematico del destino della mistica cristiana quale compimento dell’esperienza religiosa e del suo superamento. Egli fu infatti un domenicano, membro di un Ordine che era nato per la difesa dell’ortodossia, e anche maestro a Parigi, dunque ai vertici dell’istituzione ecclesiastica; ciò nonostante subì un processo e una condanna per eresia.
Il magistero eckhartiano consiste in effetti nel far comprendere che non c’è un Dio lassù mentre noi stiamo quaggiù, ma che Dio e io siamo una sola cosa. Non riecheggia questo la celebre frase di Nagarjuna riguardo al Nirvana buddhista (sostituendo a Dio la parola Nirvana o realtà ultima o qualunque altro nome come talità, la concordanza è stupefacente) ?
“Qualunque sia il limite del Nirvana, quello è il limite dell’esistenza ciclica (samsara )".
"Non c’è nemmeno la più piccola differenza fra loro e nemmeno la cosa più sottile” (Nagarjuna, Mulamadhyamakakarika 25).
E’ chiaro che in effetti l’affermazione di Eckart non poteva non restare sospetta di eresia alla Chiesa che sostiene che Dio è creatore esterno all’Universo.
In contrasto a un modo di vivere appassionato, Eckart sostiene in uno dei suoi sermoni più famosi (Beati pauperes spiritu), il NON-VOLERE. Egli afferma che uomo veramente ‘povero’ è “colui che niente vuole, niente sa, niente ha”.
‘Niente vuole’ ricorda una delle Tre Porte alla Liberazione del Buddhismo, cjhiamata Aprannihita o ‘Senza-direzione’, ‘senza desiderio’: si evita cioè di pensare di dover raggiungere qualcosa. E ‘niente sa’ non si riferisce, ovviamente, a non sapere niente (Eckhart stesso era estremamente sapiente e istruito ) quanto a non farsi concezioni mentali di questo e di quello.
Eckhart afferma anche qualcosa che stupirà il credente: il non-volere non significa volersi conformare alla volontà divina. Quelli che pensano così:
"vengono stimati molto dalla gente che non conosce niente di meglio ma io dico che sono degli asini, che non comprendono niente della verità divina… Se ora uno mi chiedesse cos’è dunque un uomo povero che niente vuole, risponderei così: finché l’uomo ha questo in sé, CHE E’ SUO DOVERE COMPIERE LA DOLCISSIMA VOLONTA’ DI DIO, un tale uomo non ha la povertà di cui vogliamo parlare: INFATTI EGLI HA ANCORA UN VOLERE, con cui vuole soddisfare la volontà di Dio, e questa non è la vera povertà. Se l’uomo deve avere vera povertà, deve essere così vuoto della propria volontà creata come quando non esisteva. Perciò io vi dico nella volontà eterna: FINCHE’ AVETE LA VOLONTA’ DI COMPIERE IL VOLERE DI DIO e avete il desiderio dell’eternità e di Dio, voi non siete davvero poveri. Infatti è un vero povero soltanto colui che niente vuole e niente desidera".
E’ notevole come ciò riecheggi il ‘non-agire’ daoista o appunto il senza-direzione o senza-scopo antico buddhista. Risulta chiaro, dice Vannini, che Eckhart sottolinea che la volontà di conformarsi alla volontà divina E’ ANCORA UNA VOLONTA’ , e dunque di nuovo “un aggrapparsi all’io personale che si ritiene importante" (“salvate anime!” dice Siria!) . Ciò vale, dice sempre Vannini, per tutta la cosiddetta mistica del sentimento o dell’amore perché il cosiddetto amore di Dio e la volontà di Dio sono in realtà l’amore dell’io e la volontà propria. Si noti, dice ancora Vannini, come nelle parole del maestro domenicano, venga colto il legame tra desiderio di fare la volontà di Dio e desiderio dell’eternità e di Dio, ovvero di qualcosa che soddisfi i propri bisogni e le proprie aspirazioni. Straordinariamente, dico io, questo va a concordare con quanto diceva il Buddha nel Brahmajala Sutta dove egli prendeva in osservazione tutti i possibili punti di vista religiosi o metafisici per concludere che tutti derivano “dalla sensazione”, cioè dalla possibilità di creare
una sensazione piacevole e appagante in qualcuna di queste teorie. Sempre in contrasto con le varie teorie dell’amore, Eckhart afferma più volte: Homo divinus nihil amat , ‘l’uomo divino non ama niente’ !
Ora, se molti Cristiani osservano quello in cui SONO ABITUATI a credere, si renderanno conto di che abisso li separi dal misticismo (intendendo con questo un tipo di pratica che li porti in unione con la realtà ultima). Credo che comunque articoli come questo, senza necessariamente convincere nessuno, siano importanti, volendo offrire a persone sincere e non pregiudizialmente schierate, degli strumenti di confronto interni alla propria tradizione per espandere la propria visione. Come dicono i No-Global, un altro mondo è possibile; un altro modo di vedere è possibile, per tutti, me compreso. Questo articolo non esaurisce le cose da dire su Eckhart. Rimandiamo perciò alla prossima Newsletter.
sabato 19 maggio 2007
MISTICISMO: MEISTER ECKHART
Etichette:
Buddha,
dalla Newsletter "MEDITAZIONE",
desiderio,
liberazione,
Newsletter "MEDITAZIONE",
Nirvana,
parola,
pratica,
realtà
______________________________________
CHIUNQUE E’ BENVENUTO
______________________________________
Visit the Kungfu site "Wudang Baguazhang"
http://wudangbaguazhang.altervista.org/