(Meditazione camminata e altro... )
Il Cimitero di Sant’Andrea di Compito è il luogo più bello del paese. Situato a metà di una collina, da esso si vede tutta la vallata, spaziando fino al bacino del Bientina verso est e fino a Lucca e alle Apuane verso ovest; il nord e il sud sono coperti da monti. E’ uno dei miei luoghi preferiti, oltre a contenere la tomba dei miei genitori. Mi dà molta pace ed agio alla meditazione camminata arrivare fino lì.
Guardare il sorriso di mio padre e mia madre sulla foto tombale mi riscalda ancora il cuore e mi riempie di gratitudine per loro. Mi capita di scrivere questo e casualmente mi accorgo che proprio nel maggio del 2000 si è conclusa la loro malattia. Perciò è casualmente bello che mi sia ritrovato a ricordarli qui.
Come dicevo, la visita al cimitero mi dà molta quiete. C’è un lasciarsi andare e di fronte a quel meraviglioso paesaggio c’è una identificazione con il tutto che è fonte di appagamento e della sensazione meditativa di essere in contatto con “le cose come sono”: non vi sono pensieri, c’è questo senso solo di essere con il mondo.
Pure la mia pratica mi porta subito dopo a “risvegliarmi” e ad accorgermi che questa è semplicemente un’altra concettualizzazione, una delle più sottili, purtuttavia una concettualizzazione. Mi accorgo di aver fatto della metafisica ed osservo me mentre appunto faccio della metafisica, creo religione. E’ questo il livello delle (ultime?) illusioni, il livello appunto delle creazioni e percezioni “religiose”, quello che innumerevoli persone che conosco pensano sia forse il livello massimo, quello che definiscono “il livello del cuore”. In realtà questa è ancora una creazione mentale, pensare cioè di aver conseguito “qualcosa”, quello che si è conseguito è semplicemente un’ulteriore illusione, un’ulteriore concettualizzazione in un mondo costruito concettualmente.
Riprendo l’argomento della camminata con un breve brano che ho spedito ad un’amica:
“Oggi ho fatto quella camminata sulle mura, è stato bello perché per lo più sono stato in meditazione camminata. Cioè osservavo continuamente (o quasi) la mente e la sua reazione alle cose, cercando di aderire al reale e di non formare concetti, poi facevo ancora un passo indietro ed osservavo me mentre cercavo di non avere concetti, quindi osservavo la quiete relativa
della mente.
E' bello guardarsi così, si entra come in un'altra dimensione, spaziosa, simile allo spazio. e nello stesso tempo non si perde il contatto con la realtà perché quello che c'è da osservare sono appunto le nostre reazioni di fronte alla realtà”.
Fare meditazione camminata è difficile. Molti pensano che fare meditazione camminata sia semplicemente farsi una passeggiata. Viene anche detto che è un momento piacevole. Questo è vero ma in genere stiamo solo pensando. Fare meditazione camminata è qualcosa di più difficile, è fare continuamente un passo indietro e vedere cosa passa nella testa e nel corpo e magari fare un ulteriore passo indietro e vedere cosa stiamo elaborando a livelli più sottili su ciò che stiamo osservano. E forse fare ancora un passo indietro...
Perciò se stiamo semplicemente pensando, questa non è realmente meditazione di consapevolezza. Ci stiamo afferrando ai nostri pensieri o forse sono essi che ci stanno afferrando oppure semplicemente la nostra mente entra in contatto con i suoi oggetti mentali lì depositati. Perciò è forse un’illusione pensare di fare meditazione camminata se prima non si è sviluppata una certa capacità di attenzione nella meditazione seduta. E perché? Semplicemente perché nel movimento sono coinvolti troppi fattori e non c’è tempo per vedersi. Per questo non mi piace correre e mi piace la marcia veloce: perché nella marcia posso osservarmi, nella corsa mi riesce più difficile.
Questo è il perché il maestro U-Vijiaya insisteva: “ Nella vita di tutti i giorni, rallentate le attività”.
Perciò la meditazione seduta è essenziale, il sedersi è essenziale. Nella seduta si vede meglio quello che c’è, forse vediamo soltanto la semplice confusione delle nostre teste, ma lo vediamo. Una volta sviluppata una certa capacità di portare a galla continuamente questa attenzione, la meditazione camminata diventa mano a mano più importante.
Un’altra cosa che ho notato nella marcia veloce è che se il livello dei pensieri è alto, se cioè vi sono tanti pensieri e soprattutto pensieri di risultato o di scopo (“quanto manca ad arrivare a...?”), la marcia diventa estremamente faticosa e tediosa. Se invece osservo i pensieri facendo mentalmente vari passi indietro, questi tendono a scomparire e si entra in una dimensione di quiete attenta e spaziosa. Questo è significativo: è l’ennesima constatazione che la concettualizzazione fa parte del processo di sofferenza e che la libertà dalla concettualizzazione ha a che fare con la Liberazione della mente.
Noi abbiamo poi sviluppato un modo di camminare particolare, basato sulla camminata del Qigong o meglio del Yiquan (“Kungfu della Mente”) . Questo modo di camminare è molto lento, simile a quello del Taiji, ed è fatto in apertura, in apertura totale cioè verso quello che abbiamo di fronte. La postura ha infatti le braccia aperte all’altezza dei fianchi circa. Essendo fatto così lentamente permette di osservare momento per momento; essendo attento al corpo ed ai suoi movimenti (per es. snodare le articolazioni delle braccia e spalle) riduce moltissimo la distrazione. L’essere aperti, letteralmente esposti al tutto, dà un senso di calma e compenetrazione. Inoltre questo modo di camminare dà realmente energia. Ci si sente meglio dopo averlo fatto (per lo meno a me accade così) .
Questo è l’ultimo testo prima dell’estate, perciò esporrò un altro argomento di cui abbiamo trattato nelle ultime meditazioni. La meditazione non è cupezza. All’inizio forse è così per qualcuno; in ogni caso occorre trovare il senso della gioia della pratica. La gioia è collegata alla quiete, alla calma. La gioia è uno dei fattori del Risveglio (vedi sotto il titolo della Newsletter). Non bisogna aver paura di questa gioia ed anzi occorre coltivare la gioia nella vita di tutti i giorni. Dobbiamo essere in grado di riconoscerla e non farci troppo avvelenare dalle concettualizzazioni. Anche riconoscere la gioia è una concettualizzazione, ma una concettualizzazione utile. In ogni caso occorre sempre fare il passo indietro e riconoscere la concettualizzazione. Stranamente la gioia crescerà, anche se in forma più sottile, purificata.
Un’ultima cosa sulla concettualizzazione. Occorre osservare la concettualizzazione sempre o almeno più che possiamo. Capire che stiamo sempre concettualizzando, che il nostro mondo è un mondo di concetti e linguaggio. E’ un mondo che va gradualmente abbandonato nella forma della proliferazione mentale (naturalmente non possiamo abbandonare la concettualizzazione tecnica che ci serve nella vita, ma bisogna sempre osservare per capire dove questa finisce ed inizia la proliferazione). Questo deve riverberarsi in un maggiore silenzio e in un abbandono dei concetti e delle liti, nonché in un uso attento della parola.
L’altro non è il nemico o l’avversario. Occorre piano piano abbandonare i dualismi pur mantenendo capacità critica ed osservazione continua.
lunedì 19 febbraio 2007
Gli strati della mente
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