Si è travolti dalla vita di tutti i giorni: mille cose da                   fare, una dopo l’altra. Si può cogliere, in ciò, la verità                   della sofferenza. Tutte queste diecimila cose ci fanno star                   male, fisicamente e psichicamente. Può anche sorgere la                   malattia. Come ovviare?
La sofferenza sorge dall’attaccamento alle cose ed al                   concetto di sé. Nello stravolgimento di mille cose da fare                   perdiamo consapevolezza ed aumentiamo invece la convinzione di                   un sé che soffre. La mente, travolta da se stessa, dai suoi                   diecimila pensieri, invia un messaggio di sofferenza al corpo                   e ne provoca il "corto circuito", sia che esso si                   espliciti sotto forma di malattia che sotto forma di                   sofferenza psicologica. Il sé protesta. Nei diecimila                   pensieri sorge inevitabilmente la preoccupazione per il                   futuro. Non c’è ancora, ma nella sua esigenza di autodifesa                   il "sé" lo crea, aumentando la sofferenza.
Qui si vedono alcuni nodi della questione. Un sé stabile,                   fisso, eterno non esiste. Corpo, sensazioni, percezioni ecc.                   con cui abitualmente ci identifichiamo, sono transitori e                   passeranno via con la morte. Forse la coscienza ritornerà                   all’oceano mentale che forma l’universo, potrà forse                   trovare altre forme vitali con cui rinascere ma sarà                   inevitabilmente persa l’identità che si era stabilita con                   un preciso corpo fisico che essa modificava e da cui era                   modificata. Vi saranno perciò continuità e diversità (non                   un’anima sempre identica). Questo ci spiega perché i                   buddhisti, ad esempio, rispettano tutti gli esseri: essi                   ritengono che nel ciclo incommensurabile delle nascite e delle                   morti, tutti gli esseri, prima o poi, siano stati i nostri                   padri e le nostre madri. Ritorneremo su questo.
Per quanto riguarda la sofferenza, essa è l’attaccarsi ad                   un sé che a sua volta si attacca ad un’immagine del mondo e                   la vuole rendere stabile . E’ tutto questo che ci fa                   soffrire. Temiamo sofferenza, impermanenza e morte. Questo ci                   spinge al desiderio di "fissare", staticizzare la                   nostra "realtà". Quando questa si modifica, sorge                   il soffrire.
La scienza ci insegna che dentro di noi, sia a livello fisico                   che mentale, tutto è cangiante, impermanente e che                   addirittura, a livello ultimo, non vi è sostanza. Vi sono                   solo processi in cui entrano in campo energie. L’unica cosa                   da fare è perciò adattarsi al cambiamento, averne coscienza,                   accettarlo. Questa è la LIBERAZIONE del Buddha: fluire con il                   fluire. Fu questa la sua illuminazione. Fu questo che egli                   proclamò come "Nobile Verità": c’è sofferenza,                   ma se c’è una sofferenza c’è una sua causa: il creare                   sostanza dove non c’è e quindi attaccarvisi: attaccarsi in                   particolare al concetto di sé. Ma fu indicata anche una via                   per porre fine alla sofferenza: portare una critica radicale                   al concetto del sé e di sostanza (su cui si basano tutte le                   religioni e molte filosofie) e porre quindi fine al soffrire.                   ESSERE LIBERI.
In questo il concetto base è il primo dei sette fattori del                   risveglio: Consapevolezza, Consapevolezza, Consapevolezza.                   Quando riusciamo a vivere con attenzione ogni momento, non                   c’è spazio per il sé, non c’è spazio per la sofferenza.                   C’è solo il presente. Ecco perché il primo livello                   dell’Illuminazione/Liberazione è basato sull’eliminazione                   di tre cose: il concetto del sé, il dubbio scettico, e                   l’attaccamento alle tradizioni e rituali religiosi. E tutto                   viene da ciò che necessariamente li esclude: CONSAPEVOLEZZA,                   CONSAPEVOLEZZA, CONSAPEVOLEZZA. Consapevolezza vera è solo                   l’attimo presente. Tutto il resto è necessariamente                   escluso, tutte le costruzioni mentali in particolare.                   Consapevolezza.
mercoledì 19 ottobre 2005
Consapevolezza, fattore del risveglio
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