venerdì 20 maggio 2011

Rompere le barriere

Praticare la meditazione di benevolenza non è solo quella pratica secondaria che molti pensano: in realtà essa può essere assunta come pratica integrale in cui sono incluse consapevolezza e visione, amore ed equanimità/accettazione, liberazione della mente.

Giorni fa, praticando la benevolenza nella maniera particolare in cui noi la pratichiamo, mi sono reso conto con sorpresa che, anche pensando a persone che nella vita normale sento in opposizione, a forza di ‘diventare loro’, di prendermi a cuore la loro persona e i loro punti di vista, non provavo più alcuna avversione per loro, le accettavo come semplici varianti di me stesso. Bene, la mia mente era libera, avevo rotto le barriere che mi separavano da queste persone.

Però questa liberazione è data per lo spazio di una seduta di pratica formale, ci si accorge poi come l’avversione sorga e risorga per questo o quel personaggio. Spesso medito su personaggi pubblici, soprattutto della politica o dello spettacolo: lì si vede tanto egocentrismo ed è difficile non sentirsene irritati. Vi sono trasmissioni come quelle della De Filippi nel pomeriggio (Uomini e donne, mi sembra, mi capita di vederne spezzoni nell'assistenza a mia zia che la guarda a pomeriggi interi), come Forum, Il Grande Fratello e numerose altre che portano avanti un’educazione del pubblico basata sulla rissosità, sull’egocentrismo più sfrenato, perché è questo che fa spettacolo – si pensi a un personaggio come Sgarbi, il cui egocentrismo è talvolta così forte da essere infantile. Si vedono, per converso, rari personaggi come Fabio Fazio che portano avanti una TV educativa e allo stesso tempo piacevole, cosa davvero rara –anche se la Littizzetto a volte sembra rientrare più nelle caratteristiche precedenti.

Comunque ho meditato a lungo su Berlusconi e altri del suo entourage e sento di poterne comprendere la mente e per certi versi li vedo come estremizzazioni di noi stessi. In chiunque di noi sono presenti i semi dell’egocentrismo. Io penso che Berlusconi e altri personaggi simili siano ottimi oggetti di meditazione. Si può arrivare, pur non condividendone le idee, a comprenderli, a provarne com-passione, ad accettarli come persone semplicemente con punti di vista diversi dai nostri.

E’ vero che una cosa è la pratica seduta e una cosa è la vita di tutti i giorni (questo corrisponde al dualismo esistente fra verità relativa e verità assoluta) . Quando questa separazione verrà meno, vi sarà liberazione assoluta: allora la vita normale, la vita quotidiana sarà il nirvana, realizzando ciò che dice, in un famoso passo, Nagarjuna: “ Non vi è alcuna separazione fra samsara [il mondo] e Nirvana e nemmeno la più piccola differenza”. Insomma la realtà ultima è già qui, è solo questione di ‘sgrosssarla’ dalle incrostazioni dell’ego.

In questo, la pratica della benevolenza e dell’equanimità, servono a rompere le preoccupazioni dell’ego e le barriere fasulle che ci separano dal ‘tutto’.

La visione dualistica che abbiamo del mondo e di noi in rapporto al mondo si pone, in effetti, come una barriera, una separazione fra noi e il mondo, fra noi e ‘l’altro’. A livello religioso questa è l’immaginazione che esistano due forze contrapposte, il Bene e il Male che sarebbero in lotta fra loro in uno scenario di cui noi facciamo parte; a livello individuale è l’immaginazione che noi possiamo esistere senza gli altri, o che, semplicemente, noi siamo al centro del mondo; a livello politico-sociale, e come derivazione diretta delle altre due idee, è l’idea che l’altro sia appunto ‘altro’, talvolta un inferiore, talvolta il nemico, talvolta una forza del male. Si appiccicano allora etichette: comunista o fascista, anche a chi non ha nessuna di queste posizioni; se si è in guerra l’altro è ‘l’impero del male’ (sia che a dirlo siano, al giorno d’oggi, gli americani, sia che siano gli islamici ); insomma bisogna demonizzare l’altro. Tra l’altro la creazione di capri espiatori è tipica dei sistemi chiusi, sia che si tratti di un ambiente di lavoro, sia che si tratti di un’istituzione chiusa, come l’esercito (ne so qualcosa), la prigione o simili.

E’ evidente come l’evitare o anche semplicemente l’accorgersi di pensare in questo modo sia strettamente collegato alla pratica meditativa, alla consapevolezza e in generale a quella che chiamo (e che il Buddhismo chiama) ‘liberazione della mente’, cetovimutti. La pratica meditativa e il Buddhismo insegnano ad essere consapevoli delle concettualizzazioni, a riconoscerle come tali (e quindi come possibilmente fallaci, anche quando ci vengono presentate come verità rivelate), di conseguenza a liberare la mente dalla loro presenza ingombrante.

Il Buddha e, in particolare, sulle sue tracce, Nagarjuna, fecero della lotta ai ‘punti di vista’ una delle loro bandiere principali. Si potrebbe obiettare che anche questo è un punto di vista, ma si può contro-obiettare che quando non c’è nulla a cui aggrapparsi, quando la mente è vuota di concettualizzazioni, non appare, ovviamente, alcun punto di vista.

Tornando al discorso della separazione che noi poniamo fra il nostro ‘essere’ e il resto del mondo, quando noi superiamo questa separazione, quando noi smettiamo di pensare al mondo come ‘altro’, quando noi accettiamo di essere non un io separato ma semplicemente un fluire di fenomeni psico-fisici in mezzo al grande fluire fenomenico del mondo, una goccia insomma del fiume della vita, separata ma allo stesso tempo inscindibile da esso, così come una goccia che scorre nel fiume… noi poniamo la base per l’eliminazione delle barriere, insomma la goccia non è più goccia ma è il fiume.
Le sedute comuni di Meditazione si svolgono ogni sabato pomeriggio, dalle 15, 30 alle 16,30 circa, a S. Andrea di Compito (Lucca) - Via della Torre 9.
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CHIUNQUE E’ BENVENUTO
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