Si suppone che io sia una persona colta.
In effetti ho studiato per tanti anni anche all’università (che non ho mai terminato), i miei interessi negli anni sono stati tanti, il mio studio è pieno di libri che spaziano dalla storia alle religioni, alla filosofia, al Cinese, alle Arti Marziali, alla Letteratura, alla scienza.... pure mi rendo conto come la mia mente a volte conservi ancora, in parte, le strutture compulsive introdottevi da secoli di metafisica e perfino impulsi e istinti che provengono, a quanto sembra, dalla lontana mente rettile di preistorica derivazione. Sarebbe interessante uno studio sulla mente metafisica del contadino, classe sociale da cui provengo e in cui in parte ho ancora le basi, mente creata e plasmata in secoli di ignoranza dall’abile, oscurantista, medievale manipolazione delle menti da parte delle strutture religiose. Qualcuno forse sarà deluso o potrà ironizzare. Dopo così tanta meditazione, X (cioè “io”) è ancora alla superstizione. Per lo meno, grazie alla meditazione, “io” me ne accorgo. Ma quanti se ne accorgono?
In questi ultimi tempi ho avuto un periodo “nero” come a volte viene definito. Fra le altre cose mi si è rotto il vetro della stufa, creandomi un problema non ancora risolto in questo periodo di freddo e in una casa fredda come la mia. Un bambino della mia classe si è fatto male. Sono caduto e mi sono un po’ rovinato una spalla che ora mi duole. Insomma....
Mi sono accorto di come la mia mente reagisse (tentasse di reagire) inquadrando i fatti in una struttura mentale che io definisco metafisica. Non so nemmeno descrivere come, ma ho percepito che stavo creando astrazioni: il destino, il fato, forze oscure... chissà. Ci si abbandonerebbe facilmente a un po’ di autocommiserazione. Poi ho guardato le cose con più lucidità e ho visto che si trattava solo della legge di causa-effetto all’opera: non avevo prestato troppa attenzione allo scollamento di una guarnizione (causa) ... e il vetro della stufa si è rotto. Avevo rimandato nel tempo la chiamata del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi (causa) e così il loro camion è venuto proprio in un giorno di pioggia e di fango, si è impantanato nel mio orto e nei tentativi per liberarlo sono scivolato nel fango e mi sono fatto male (effetto) . Tutto qui. Visto questo la mia mente si è sentita liberata (liberata dalle costruzioni opprimenti che aveva creato) e non ho potuto fare a meno di sorridere.
E il bambino? Qui il rapporto causa-effetto riguardava solo lui, non ne avevo colpa.
Così questo presunto periodo nero è scivolato via dalle mie spalle, lasciando solo un ricordo fisico doloroso e facendomi vedere come non sia affatto saggio rimandare a domani quello che potresti fare oggi (con il bel tempo)
Reagisco con stizza quando si parla male di persone secondo me meritevoli. Mi viene un’irritazione dal profondo. Questo succede ad es. nei confronti di una persona a me vicina che critica spesso altre persone altrettanto vicine e che invece secondo me sono persone che fanno molto per gli altri. Benché veda il sorgere di questa rabbia, non posso fare a meno di pensare che quella persona è davvero un po’ maligna.
Questa persona è la mia maestra di meditazione. Nel senso che mi mette alla luce, mi mette a nudo, fa uscire fuori cose che normalmente sono sotto la cenere. Si fa presto a dire ( e l’ho sentito dire spesso da parte di giovani meditatori e, in passato, qualche volta anche da me) : “ Ah! Io non ho avversioni” oppure: “ AH! Io non ho nemici” .
Si fa presto, dicevo. Poi alla prima occasione quello che non supponevamo salta fuori. Ed è giusto così. Abbiamo forse sradicato in noi le tendenze all’avversione? Neanche per idea. Forse ci eravamo illusi ma alla prima occasione, Ta-dang, ecco tutto saltar fuori. Il problema non è questo. Il problema è accorgersi di questo!
Però, mentre mi accorgevo di questo (ed è già un passo avanti) mi sono anche accorto di come sia difficile accettare le cose così come sono venute in essere. Per questo quella persona è la mia maestra di meditazione. Quali strutture del mio ego, quali corde segrete ha toccato per mettermi a nudo? Bene, proprio quelle, illusorie, che fanno capo a una mia presunta bontà. Proprio l’aspetto tradizionalmente considerato più religioso (specie nel cristianesimo) : la bontà! La bontà che ci fa schierare (sic!) per il bene contro il male (anche Bush e Bin Laden pensano così) o, nel mio caso, più semplicemente contro la critica “maligna” a persone valide. Queste persone sono buone: non posso non reagire verso chi le critica! Ma così facendo entro, senza accorgermene, in urto contro la realtà così com’è. Ci sono forze che agiscono in base a cause e condizioni precise: potrebbe quindi la realtà essere diversa? No.
Bisognerebbe sempre poter ridere di tutto.
Detto questo, non mi sono nascosto l’esistenza di un problema che appare spesso nelle conversazioni di condivisione dopo le sedute. Il problema è, detto molto grossolanamente: “ Allora bisogna accettare anche l’ingiustizia?”
Credo che occorra agire sempre con la mente posizionata su due piani. Convenzionalmente ci possiamo anche schierare contro l’ingiustizia (ammesso che questa sia così evidente) ma, sull’altro lato della mente, quello dell’Illuminazione, dobbiamo
ACCETTARE TUTTO QUELLO CHE ACCADE COME ACCADE.
E questo io lo chiamo
RICONCILIARSI CON IL MONDO.
E’ straordinario ricevere questi input alla visione del reale proprio da quelle persone che ci sembrano le più negative.
Possiamo dunque apprezzare di più queste persone, eleggerle a nostri insegnanti?
Il mondo non può che essere così com’è. Il che non significa che non possa cambiare, anzi è in continuo cambiamento. Ma è questo che è, se vogliamo, meraviglioso: le cose sono come sono, piacevoli o spiacevoli che ci possano sembrare, la meraviglia che è la realtà così com’è è proprio qui, davanti agli occhi. E poiché le cose sono come sono ecco che scompaiono concetti assoluti (per intenderci scritti con la maiuscola) come il Bene e il Male.
E poiché invece alla nostra mente illusa questi concetti continuano ad apparire anche se in forma ridotta,
frammischiati al reale, ecco che la bellezza del reale è proprio lì, in questa alternanza continua e totalmente indifferente di bene e male. E’ chiaro come in questo quadro non vi sia spazio per entità superiori e assolute poiché ve ne sarebbero almeno due ed è esigenza di ogni entità assoluta di essere l’Unica.
Tornando al discorso della mia mente metafisica di cui all’inizio (della nostra mente metafisica!) è singolare come la mente sia appunto colonizzata da concetti dualistici e “religiosi” . Si parla tanto del “lavaggio del cervello” che esisteva in certi regimi assolutistici (sic! ) e pochi si accorgono del vero lavaggio del cervello assolutista da noi subìto da quando siamo nati in poi. Ci hanno convinto che mettere in discussione quello in cui apparentemente tutti credono ci aprirà le porte dell’Inferno oppure un fulmine ci colpirà. E’ vero! Confesso che ogni volta che parlo con ironia delle religioni mi aspetto di essere colpito da un fulmine da un momento all’altro! E non sto scherzando. Vi rendete conto? Potete osservare un attimo voi stessi su queste cose?
Che libertà può esservi per noi esseri colonizzati? Ecco che allora un concetto che in tutte le religioni è divenuto metafisico e spesso autoreferenziale, quello di Liberazione, diventa semplicemente un liberarsi da, uno sbarazzarsi di. Di che cosa? Dei concetti che ottenebrano e intorpidiscono le nostre menti e impediscono loro di godere pienamente della libertà e della bellezza (concetto, questo, dualistico ma me lo si perdoni) che dà la visione e accettazione delle cose come sono.
Ma c’è questo coraggio di decolonizzarsi, di liberarsi?
mercoledì 19 ottobre 2005
Riconciliarsi con il mondo-così com’è - 1
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Consapevolezza, fattore del risveglio
Si è travolti dalla vita di tutti i giorni: mille cose da fare, una dopo l’altra. Si può cogliere, in ciò, la verità della sofferenza. Tutte queste diecimila cose ci fanno star male, fisicamente e psichicamente. Può anche sorgere la malattia. Come ovviare?
La sofferenza sorge dall’attaccamento alle cose ed al concetto di sé. Nello stravolgimento di mille cose da fare perdiamo consapevolezza ed aumentiamo invece la convinzione di un sé che soffre. La mente, travolta da se stessa, dai suoi diecimila pensieri, invia un messaggio di sofferenza al corpo e ne provoca il "corto circuito", sia che esso si espliciti sotto forma di malattia che sotto forma di sofferenza psicologica. Il sé protesta. Nei diecimila pensieri sorge inevitabilmente la preoccupazione per il futuro. Non c’è ancora, ma nella sua esigenza di autodifesa il "sé" lo crea, aumentando la sofferenza.
Qui si vedono alcuni nodi della questione. Un sé stabile, fisso, eterno non esiste. Corpo, sensazioni, percezioni ecc. con cui abitualmente ci identifichiamo, sono transitori e passeranno via con la morte. Forse la coscienza ritornerà all’oceano mentale che forma l’universo, potrà forse trovare altre forme vitali con cui rinascere ma sarà inevitabilmente persa l’identità che si era stabilita con un preciso corpo fisico che essa modificava e da cui era modificata. Vi saranno perciò continuità e diversità (non un’anima sempre identica). Questo ci spiega perché i buddhisti, ad esempio, rispettano tutti gli esseri: essi ritengono che nel ciclo incommensurabile delle nascite e delle morti, tutti gli esseri, prima o poi, siano stati i nostri padri e le nostre madri. Ritorneremo su questo.
Per quanto riguarda la sofferenza, essa è l’attaccarsi ad un sé che a sua volta si attacca ad un’immagine del mondo e la vuole rendere stabile . E’ tutto questo che ci fa soffrire. Temiamo sofferenza, impermanenza e morte. Questo ci spinge al desiderio di "fissare", staticizzare la nostra "realtà". Quando questa si modifica, sorge il soffrire.
La scienza ci insegna che dentro di noi, sia a livello fisico che mentale, tutto è cangiante, impermanente e che addirittura, a livello ultimo, non vi è sostanza. Vi sono solo processi in cui entrano in campo energie. L’unica cosa da fare è perciò adattarsi al cambiamento, averne coscienza, accettarlo. Questa è la LIBERAZIONE del Buddha: fluire con il fluire. Fu questa la sua illuminazione. Fu questo che egli proclamò come "Nobile Verità": c’è sofferenza, ma se c’è una sofferenza c’è una sua causa: il creare sostanza dove non c’è e quindi attaccarvisi: attaccarsi in particolare al concetto di sé. Ma fu indicata anche una via per porre fine alla sofferenza: portare una critica radicale al concetto del sé e di sostanza (su cui si basano tutte le religioni e molte filosofie) e porre quindi fine al soffrire. ESSERE LIBERI.
In questo il concetto base è il primo dei sette fattori del risveglio: Consapevolezza, Consapevolezza, Consapevolezza. Quando riusciamo a vivere con attenzione ogni momento, non c’è spazio per il sé, non c’è spazio per la sofferenza. C’è solo il presente. Ecco perché il primo livello dell’Illuminazione/Liberazione è basato sull’eliminazione di tre cose: il concetto del sé, il dubbio scettico, e l’attaccamento alle tradizioni e rituali religiosi. E tutto viene da ciò che necessariamente li esclude: CONSAPEVOLEZZA, CONSAPEVOLEZZA, CONSAPEVOLEZZA. Consapevolezza vera è solo l’attimo presente. Tutto il resto è necessariamente escluso, tutte le costruzioni mentali in particolare. Consapevolezza.
La sofferenza sorge dall’attaccamento alle cose ed al concetto di sé. Nello stravolgimento di mille cose da fare perdiamo consapevolezza ed aumentiamo invece la convinzione di un sé che soffre. La mente, travolta da se stessa, dai suoi diecimila pensieri, invia un messaggio di sofferenza al corpo e ne provoca il "corto circuito", sia che esso si espliciti sotto forma di malattia che sotto forma di sofferenza psicologica. Il sé protesta. Nei diecimila pensieri sorge inevitabilmente la preoccupazione per il futuro. Non c’è ancora, ma nella sua esigenza di autodifesa il "sé" lo crea, aumentando la sofferenza.
Qui si vedono alcuni nodi della questione. Un sé stabile, fisso, eterno non esiste. Corpo, sensazioni, percezioni ecc. con cui abitualmente ci identifichiamo, sono transitori e passeranno via con la morte. Forse la coscienza ritornerà all’oceano mentale che forma l’universo, potrà forse trovare altre forme vitali con cui rinascere ma sarà inevitabilmente persa l’identità che si era stabilita con un preciso corpo fisico che essa modificava e da cui era modificata. Vi saranno perciò continuità e diversità (non un’anima sempre identica). Questo ci spiega perché i buddhisti, ad esempio, rispettano tutti gli esseri: essi ritengono che nel ciclo incommensurabile delle nascite e delle morti, tutti gli esseri, prima o poi, siano stati i nostri padri e le nostre madri. Ritorneremo su questo.
Per quanto riguarda la sofferenza, essa è l’attaccarsi ad un sé che a sua volta si attacca ad un’immagine del mondo e la vuole rendere stabile . E’ tutto questo che ci fa soffrire. Temiamo sofferenza, impermanenza e morte. Questo ci spinge al desiderio di "fissare", staticizzare la nostra "realtà". Quando questa si modifica, sorge il soffrire.
La scienza ci insegna che dentro di noi, sia a livello fisico che mentale, tutto è cangiante, impermanente e che addirittura, a livello ultimo, non vi è sostanza. Vi sono solo processi in cui entrano in campo energie. L’unica cosa da fare è perciò adattarsi al cambiamento, averne coscienza, accettarlo. Questa è la LIBERAZIONE del Buddha: fluire con il fluire. Fu questa la sua illuminazione. Fu questo che egli proclamò come "Nobile Verità": c’è sofferenza, ma se c’è una sofferenza c’è una sua causa: il creare sostanza dove non c’è e quindi attaccarvisi: attaccarsi in particolare al concetto di sé. Ma fu indicata anche una via per porre fine alla sofferenza: portare una critica radicale al concetto del sé e di sostanza (su cui si basano tutte le religioni e molte filosofie) e porre quindi fine al soffrire. ESSERE LIBERI.
In questo il concetto base è il primo dei sette fattori del risveglio: Consapevolezza, Consapevolezza, Consapevolezza. Quando riusciamo a vivere con attenzione ogni momento, non c’è spazio per il sé, non c’è spazio per la sofferenza. C’è solo il presente. Ecco perché il primo livello dell’Illuminazione/Liberazione è basato sull’eliminazione di tre cose: il concetto del sé, il dubbio scettico, e l’attaccamento alle tradizioni e rituali religiosi. E tutto viene da ciò che necessariamente li esclude: CONSAPEVOLEZZA, CONSAPEVOLEZZA, CONSAPEVOLEZZA. Consapevolezza vera è solo l’attimo presente. Tutto il resto è necessariamente escluso, tutte le costruzioni mentali in particolare. Consapevolezza.
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